«Se si potesse alzare la Divina Commedia in controluce e forzare il proprio sguardo al di là del testo, come attraverso una velina, spiega Diego Galizzi, dallo scorso maggio direttore dei Musei Civici di Imola, ci si renderebbe conto che oltre la grandezza fondatrice della lingua italiana, la forza visionaria e narrativa, o la cosmogonia che la presiede, l’inesauribile spaccato storico, sociale e teologico che emerge dai suoi personaggi, dagli incontri e dalle moltitudini di immagini verbali, ciò che alla fine rimane davvero negli occhi è l’uomo, con le sue passioni, aspirazioni, drammi e cadute».
Così il direttore introduce la mostra «Beyond the Comedy» (fino al 27 febbraio), che vede protagonista l’artista palermitano Lanfranco Quadrio nel Museo di San Domenico, nella Rocca sforzesca e in Palazzo Tozzoni. Curata da Galizzi con Paolo Cova, la rassegna chiude le celebrazioni dantesche.
«Lo spirito con cui Lanfranco Quadrio si è approcciato a Dante è quello del lettore di filigrane. Deciso ad andare oltre gli aneddoti e a rifuggire ogni forma di illustrazione o didascalia, Quadrio punta dritto al senso, a ciò che rimane della lettura grazie alla paziente opera di setaccio compiuta dalla sua sensibilità e dalla superba vena stenografica che la sua mano sa esprimere quando si appoggia al foglio, che abbia tra le dita un bulino, una matita o un pennello», aggiunge il direttore. Ciascuna delle tre sedi ospita un percorso su una cantica della Commedia, con lavori di grande impatto visivo e simbolico.
I dannati delle «Malebolge», per esempio, si incontrano all’ingresso del Museo di San Domenico, mentre l’opera «Forse tutto è Purgatorio», una grafica larga oltre dodici metri, è posizionata nei sotterranei della Rocca sforzesca. Nel salone d’onore di Palazzo Tozzoni, infine, due grandi ali rappresentano una allegorica ascesa verso un’idea laica di salvazione dai mali del mondo.
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