«Empire» (1964) di Andy Warhol, The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, PA © The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, PA, a museum of Carnegie Institute

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«Empire» (1964) di Andy Warhol, The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, PA © The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, PA, a museum of Carnegie Institute

Che anni quegli anni a New York

L’ultima mostra ideata da Germano Celant allinea al Jewish Museum 150 opere realizzate nel triennio 1962-64 che cambiò per sempre l’arte made in Usa

La storia del rapporto tra Germano Celant (1940-2020) e New York parte da lontano e include capitoli come i vent’anni da curatore di arte contemporanea al Guggenheim. Oggi è però un altro museo newyorkese a chiudere idealmente quel rapporto, a due anni dalla morte.

Dal 22 luglio all’8 gennaio il Jewish Museum presenta una mostra, originariamente concepita proprio da Celant, dedicata ai tre anni che cambiarono per sempre la storia dell’arte made in the Usa e mondiale. «New York: 1962-1964» raccoglierà 150 lavori realizzati o esposti nella Grande Mela in quel triennio da Diane Arbus, Jim Dine, Dan Flavin, Robert Indiana, Jasper Johns, Donald Judd, Yayoi Kusama, Roy Lichtenstein, Agnes Martin, Louise Nevelson, Isamu Noguchi, Robert Rauschenberg, Faith Ringgold, Carolee Schneemann, George Segal, Mark di Suvero, Andy Warhol.

Attraverso pittura, scultura, fotografia, moda, design, danza e poesia, la mostra esplora la risposta a un mondo e a una città che si trasformavano a una velocità accelerata da eventi epocali come la crisi missilistica e l’assassinio di Kennedy e da fenomeni emergenti come il consumismo, la diffusione dei media di massa e la rivendicazione dei diritti civili e delle donne.

Quei tre anni coincidono con il periodo in cui alla direzione del Jewish Museum c’era Alan Solomon, la cui gestione si distinse per innovazione e trasformò il museo in un punto di riferimento per l’arte contemporanea. Fu lui a organizzare le prime retrospettive museali di Robert Rauschenberg (1963) e Jasper Johns (1964); a individuare una scuola newyorkese di artisti in grado di trovare un nuovo modo di intendere la bellezza nella «crudezza e disordine della scena metropolitana».

Tra questi John Chamberlain, Jim Dine, Claes Oldenburg, Frank Stella. Pratiche artistiche che attingevano in modi diversi al materiale offerto dalla città e che furono definite New Realism, Commonism, Factualism, Pop. La mostra ripercorrerà quegli anni anche attraverso le diverse occasioni in cui venne inizialmente presentato questo nuovo gruppo di artisti, dalle mostre e gli eventi più istituzionali a quelli più informali e underground, ricostruendo momenti che hanno fatto la storia dell’arte americana. In chiusura un focus sul padiglione americano alla Biennale di Venezia del 1964. Catalogo ideato da Germano Celant.

«Empire» (1964) di Andy Warhol, The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, PA © The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, PA, a museum of Carnegie Institute

Maurita Cardone, 21 luglio 2022 | © Riproduzione riservata

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