Candice Breitz racconta storie che non finiscono
Tre grandi installazioni dell'artista sudafricana nella Palazzina dei Giardini di Modena

La sudafricana Candice Breitz (Johannesburg, 1972) diviene nota in Italia in particolare nel 2017 quando rappresenta il suo paese alla Biennale di Venezia partecipando poi l’anno seguente a un programma di videoarte al MaXXI di Roma. Il video come mezzo espressivo: Breitz, infatti, utilizza l’immagine in movimento per porsi domande e riflettere sulle dinamiche attraverso le quali l’essere umano forma la propria personalità in rapporto alla società o alla comunità anche virtuale in cui è inserito.
Ci sono, nei suoi lavori, evidenti influenze di tematiche come le differenze di genere, di provenienza, di religione assommate ai meccanismi che scattano nell’universo mediatico. Tutto ciò viene analizzato nella personale, la più ampia finora organizzata in Italia, «Candice Breitz: Never Ending Stories» che si svolge dall’8 giugno al 18 settembre presso la Palazzina dei Giardini gestita da FMAV Fondazione Modena Arti Visive.
Dell’artista oggi operativa a Berlino il curatore Daniele De Luigi presenta tre installazioni di grandi dimensioni: «Love Story» (2016) e «Digest» e «Labour», entrambe del 2020, dedicate a storytelling, realtà e realtà alternative. «Love Story» è composto da una proiezione cinematografica con oltre venti ore di interviste intime, dedicate al tema della perdita di sfumature ed empatia che caratterizza contenuti sempre più brevi perché sempre minori sono i tempi di attenzione medi dei fruitori. Sono qui intervistate sei persone che hanno lasciato la propria patria e alcuni frammenti dei discorsi sono interpretati anche dagli attori di Hollywood Alec Baldwin e Julianne Moore.
«Digest» è invece una installazione composta da 1.001 videocassette dipinte, le cui cover si presentano adornate da un singolo verbo estratto dal titolo di un film in circolazione durante l’era dell’home video mentre «Labour», ancora in progress, si occupa di nascite riprese in diretta riflettendo sul potere matriarcale che ha la meglio su dittature maschili.