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Bot futurista e pop

Stefano Luppi

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Secondo Elena Pontiggia, curatrice della mostra «Bot-Barbieri Oswaldo Terribile. I futurismi di un giocoliere. Opere scelte 1925-1955» che si tiene fino al 22 novembre presso le sale espositive della Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano, il pittore piacentino (1895-1958) è uno dei più eclettici artisti del suo tempo in Italia, dotato di visionarietà e di smania di ricerca.

A definirne meglio la figura arriva oggi questa rassegna composta da 200 opere tra dipinti, sculture, grafica, disegni e volumi, tutti lavori provenienti in gran parte da collezioni private e pubbliche, come quelle del Mart di Rovereto, della Galleria Ricci Oddi di Piacenza e del Mim di San Pietro in Cerro (Pc).

La produzione di Bot è caratterizzata da elementi seriali, dall’utilizzo della fotografia e del fotomontaggio (con l’aiuto del fotografo Gianni Croce) e dal riciclo di materiali industriali. La mostra spazia dalla grafica legata alle futuriste aeropitture, alle «sferopitture» e alle «cartopitture».

Bot entra giovanissimo nella nuova pattuglia futurista che a Milano si lega alla Galleria Pesaro, dove espone annualmente, e ben presto dà vita a quella che forse è la sua opera più nota, la raccolta delle 80 tavole di «Flora futurista». In mostra anche la sua cosiddetta «arte coloniale», opere composte da legni, carte, assemblaggi, nate a seguito dei suoi soggiorni in Libia ospite di Italo Balbo.

Stefano Luppi, 25 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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Bot futurista e pop | Stefano Luppi

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