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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliTeheran (Iran). Non andrà in mostra a Roma, come nello scorso novembre aveva annunciato il presidente del MaXXI Giovanna Melandri, né a Berlino la collezione d’arte contemporanea custodita nei sotterranei nel museo di arte contemporanea di Teheran (Tmcoa). La notizia dell’annullamento della mostra (ma esiste un documento firmato dall’Italia e dall’Iran quindi non sono esclusi colpi di scena dell’ultima ora), annunciata il 31 gennaio su «la Repubblica» da Tonia Mastrobuoni, spetta al regime iraniano anche se ancora non se ne conoscono di preciso i motivi.
Le opere del museo iraniano da Picasso, Monet, Gauguin e Van Gogh a Munch, Mirò, Dalí e Pollock, da Rothko e Giacometti fino a Rauschenberg, Lichtenstein e Warhol, non sono mai stati visibili in Occidente, anche se vennero messi insieme dalla ex regina dell’Iran Farah Diba insieme all’esperta americana Donna Stein.
La raccolta d’arte occidentale, nata negli anni Settanta, è custodita in un edificio modernista del 1977, disegnato dall’architetto Kamran Diba, cugino di Farah moglie dell’allora scià di Persia: dal 1979, data della rivoluzione di Ruhollah Khomeyni, questa collezione venne relegata, invisibile, nei sotterranei del Tmcoa. In patria venne mostrata solo due volte, nel 1999, durante l’amministrazione di Mohammad Khatami e nel 2015 grazie all’attuale capo dello Stato Ahmadinejad.
Un documentario di Bahman Kiarostami, The treasure cave, racconta le vicende legate a questa collezione.
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