Uno scatto dalla serie «The Kitchen Table» (1990) di Carrie Mae Weems

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Uno scatto dalla serie «The Kitchen Table» (1990) di Carrie Mae Weems

Attivismo e poesia

Barcellona accoglie una completa retrospettiva della fotografa afroamericana Carrie Mae Weems

Se ti dessero l’opportunità di cambiare la storia che cosa faresti? La domanda attraversa tutta la produzione della grande fotografa afroamericana Carrie Mae Weems (Portland, 1953) e anche di «Una grande svolta del possibile» («Un gran giro de lo posible»), la retrospettiva presentata fino al 15 gennaio in tre importanti spazi di Barcellona: il centro di fotografia Kbr della fondazione Mapfre, la Fondazione Foto Colectania e il Museo d’Arte Contemporanea di Barcellona (Macba), diretto da Elvira Dyangani Ose, curatrice della mostra.

Le due donne, che si conoscono da tempo e condividono problematiche simili, hanno strutturato un percorso cronologico e tematico attraverso le 20 serie fotografiche più significative dell’artista. Il Macba accoglie «Lincoln, Lonnie and Me», una fantasmagorica installazione in cui un attivista per i diritti civili, un famoso pugile e la Weems fluttuano come in un’illusione ottica. «Kitchen Table», una delle sue serie più note, in cui l’artista si ritrae insieme alla figlia in situazioni quotidiane e banali, ma pervase dall’anelito di trasformazione che caratterizza tutto il suo lavoro, è esposta in Foto Colectania, insieme a «22 Million Very Tired and Very Angry People», in cui utilizza la narrativa autobiografica e l’humor per invitare alla ribellione e all’azione collettiva non solo la comunità afroamericana, ma in generale le classi meno abbienti.

«Weems parla di negritudine e femminismo da 40 anni, molto prima che questi temi diventassero protagonisti della conversazione globale», assicura la curatrice, che insiste sul concetto rivoluzionario della cucina come spazio sicuro, ma anche come piattaforma di lancio verso la ribellione. Una ribellione che trionfa nelle opere che si presentano nel Kbr, in un percorso affascinante, emotivo e rivelatore, in cui appare il suo alter ego, la sua musa, una silhouette nera sempre di spalle, davanti al Louvre, al Guggenheim o al British, in un’immagine che suggerisce sia una rivendicazione di accettazione sia una testimonianza di esclusione.

Risulta commovente «From Here I Saw What Happened and I Cry» in cui si appropriò di alcuni dagherrotipi commissionati dall’Università di Harvard nel 1850 per ricerche antropologiche, colorandoli di rosso sangue. Harvard minacciò di citarla in giudizio per aver utilizzato immagini di archivio senza autorizzazione, ma alla fine comprò il suo lavoro e furono denunciati dalla discendente di una delle persone fotografate. «I suoi grandi temi sono la razza, il genere e la classe, ma Weems non si limita a documentare la storia, la riscrive introducendo quelli che sono stati ignorati, denigrati o dimenticati», conclude la Dyangani.

Uno scatto dalla serie «The Kitchen Table» (1990) di Carrie Mae Weems

Roberta Bosco, 12 dicembre 2022 | © Riproduzione riservata

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