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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliInserita nella V edizione di «Ravenna Mosaico Rassegna Biennale di Mosaico Contemporaneo», la mostra «Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini a oggi», dal 6 ottobre al 7 gennaio al Mar-Museo d’Arte della città di Ravenna, pone l’accento sul rapporto tra due media artistici che nel corso del ’900 si sono rincontrati e hanno dato vita a un rapporto che va oltre l’uso della «tessera» per fini «decorativi» architettonici.
La rassegna, curata da Alfonso Panzetta con Daniele Torcellini (catalogo Silvana Editoriale), in dieci sezioni inquadra la scena a partire dagli anni Trenta, epoca coeva a quando Gino Severini rinnova la pratica del mosaico in funzione della decorazione architettonica. Qui iniziano le ricerche legate al mosaico di Lucio Fontana, Adolfo Wildt e Mirko Basaldella, che ricevono un grosso apporto dalla visione di alcuni mosaici mesoamericani che all’epoca iniziavano a diffondersi in Italia.
Dopo questi esempi davvero in anticipo su quanto accadrà successivamente (lo si vede nelle opere giunte da numerosi musei italiani e anche dall’estero, come la Fondazione Ismail Akhmetov di Mosca), il percorso si sposta agli anni Sessanta-Settanta con le opere di Nane Zavagno e Riccardo Licata, nelle quali è evidente la consapevolezza dell’uso delle tessere musive, lapidee e vitree. Il versante contemporaneo punta su lavori che datano perlopiù dagli anni Ottanta a oggi: si parte dalla Transavanguardia (Sandro Chia e Mimmo Paladino usano nella plastica il mosaico sintetico attraverso innovazioni tecniche e tecnologiche) e si spazia ai designer come Alessandro Mendini ed Ettore Sottsass. Questa tecnica si concretizza in modo definitivo nel nuovo millennio con la produzione del Nouveau Réalisme francese e della Nuova Scultura Britannica, oltre che nell’ambiente italiano.