Le immagini non possono essere innocenti, specialmente quando si parla di immagini fotografiche. Da questo assunto prende avvio «Photographic», la personale che dal 23 febbraio al 26 maggio il Fotomuseum dedica all’artista americana Anne Collier. I suoi lavori nascono da fotografie estrapolate da riviste, pubblicità, copertine di dischi, illustrazioni di libri e frame di film degli anni ’70 e ’80.
Come un’archeologa dell’immagine la Collier li rifotografa e li inserisce in un nuovo contesto in grado di arricchirli di ulteriori significati. Legata alla riflessione sulla tematiche di genere, la sua attenzione si concentra prevalentemente su dettagli dal poeticismo melenso come occhi, onde, nuvole o su visioni romantiche intrise di sessismo, piuttosto comuni in quegli anni. Attitudine che emerge nella serie «Women Crying», presente in mostra, realizzata a partire dal 2016 utilizzando fotografie o fumetti del passato che raffigurano donne piangenti ma concentrandosi solo sul dettaglio del volto solcato dalla lacrima.
La sua ricerca è un gioco di reinquadrature: riguarda il complesso rapporto che abbiamo con le immagini e gli immaginari che esse creano, influenzando il nostro modo di percepire e strutturare la realtà. Mostrandoci l’ingenuità con cui spesso ci approcciamo alla cultura visiva attuale e del passato, rivela anche la tensione che esiste fra i soggetti fotografati e l’azione stessa di fotografare, come esemplifica la collezione che l’autrice sta accumulando da anni, dedicata proprio alle immagini di donne che fotografano.
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