Al Museo Nivola la prima retrospettiva di Bona de Mandiargues
Una delle protagoniste del «Surrealismo al femminile» per ricostruire fatti e personaggi che hanno contribuito a plasmare la cultura del Novecento

Con la retrospettiva, la prima dedicata all’artista, «Bona de Mandiargues. Rifare il mondo», fino al 5 febbraio, il Museo Nivola riscopre a vent’anni dalla morte una protagonista di quel «Surrealismo al femminile» in cui spiccarono Leonora Carrington, Meret Oppenheim, Dorothea Tanning e Dora Maar. Nipote e allieva di Filippo de Pisis, Bona Tibertelli studiò all’Accademia di Belle Arti di Venezia prima di seguire lo zio a Parigi nel 1947, dove sposò il critico e scrittore André Pieyre de Mandiargues grazie al quale accostò il movimento surrealista. Di grande importanza i frequenti viaggi in Messico, definito da Bréton «il Paese più surrealista del mondo».
Progetto espositivo e selezione delle 71 opere in mostra, realizzate tra 1950 e 1997, sono stati curati da Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri e Caterina Ghisu. Le sezioni sono otto: «La scoperta del Surrealismo», «Materia e astrazione», «Messico», «L’“anima” strappata», «Visioni psichedeliche», «Sogni metafisici», «La donna-lumaca», «Exit Bona».
«Grazie al lavoro di studiose e studiosi di tutto il mondo e a una maggiore consapevolezza nella società intera,afferma Camarda, si sta finalmente demolendo la roccaforte sessista, classista e razzista del canone artistico occidentale. Questa mostra costituisce un piccolo ma importante tassello nella costruzione di questo nuovo racconto, più accurato e inclusivo, di fatti e personaggi che hanno fatto la cultura visuale del ’900».
«L’opera di Bona è straordinariamente ricca, precisa Altea, presidente della Fondazione Nivola. Da un lato rispecchia i temi del secondo Surrealismo (la fascinazione per l’eros e l’occulto, l’immedesimazione nella natura, la tensione verso il superamento dei confini tra maschile e femminile, umano e animale); dall’altro registra la profonda inquietudine di un’artista impegnata ad affermare la propria soggettività in ambienti culturali brillanti e stimolanti, ma nei quali le donne si muovevano non senza difficoltà».
Tra le opere si segnalano, oltre a lavori di gusto marcatamente surrealista come «Exaltation» (1967), numerosi omaggi alla cultura visiva messicana tra cui «L’apogeo del serpente» (1959), l’assemblage di tessuti «La vague à l’âme» (1958) e il tributo dell’artista al proprio animale totemico «La femme escargot», degli anni ’80 (catalogo Allemandi).