Roberto Ciaccio nel suo studio. © Archivio Roberto Ciaccio

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Roberto Ciaccio nel suo studio. © Archivio Roberto Ciaccio

Al Musec la «monocromia» di Ciaccio

A Lugano 40 opere dell’artista romano, tra lastre di ferro e di rame e calcografie su carta

Nell’indagine sulle origini della creatività condotta dal Musec-Museo delle Culture, in Villa Malpensata, la mostra «Roberto Ciaccio. Il dono dell’origine» (fino al 26 febbraio 2023, catalogo Fcm) gioca un ruolo di speciale rilievo. Perché il tema dell’origine, rammenta il direttore del museo Francesco Paolo Campione, che è stato suo stretto amico, «era sempre al centro dei suoi pensieri, come una questione che più esaminava più gli mostrava aspetti nuovi e più profondi da esplorare».

Artista coltissimo, guidato dal pensiero di Martin Heidegger e dai fitti scambi intellettuali con il filosofo Remo Bodei ma appassionato anche di musica, poesia, architettura, Roberto Ciaccio (1951-2014) ha esplorato questo tema attraverso quella sua speciale «monocromia» che monocromia, in realtà, non è, essendo frutto della sovrapposizione di numerosi passaggi di colore.

Circa 40 le opere, realizzate tra il 1900 e il 2013, presentate a Lugano nello Spazio Cielo del museo, nella mostra curata da Silvia Ciaccio con Nora Segreto (Musec): sono esposte lastre di ferro e di rame, inchiostrate e sottoposte dall’artista a processi di acidificazione e ossidazione, e grandi calcografie su carta, in cui tempo e pensieri si stratificano, mentre le immagini fantasmatiche di figure («revenant» li definiva l’artista) affiorano e s’inabissano dietro la soglia, visiva e mentale al tempo stesso, da lui tracciata.

Roberto Ciaccio nel suo studio. © Archivio Roberto Ciaccio

Ada Masoero, 20 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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Al Musec la «monocromia» di Ciaccio | Ada Masoero

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