«Roy Lichtenstein. Multiple Visions» è il titolo della nuova mostra al Mudec-Museo delle Culture dal primo maggio all’8 settembre. Come sempre accade qui, il progetto della rassegna è stato modellato sull’identità del museo, dedicato alle culture del mondo: il curatore, Gianni Mercurio, ha selezionato un centinaio di lavori tra stampe, anche di grande formato, sculture, arazzi, edizioni, fotografie e video giunti da sedi internazionali capaci di evidenziare le molteplici suggestioni esercitate sul linguaggio di Lichtenstein da spunti provenienti da svariate culture.
Prodotta da 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore e ideata da Madeinart, la mostra mette l’accento proprio su questi stimoli, da lui decostruiti e ricostruiti in un sistema d’immagini del tutto personale, che trae alimento dall’epopea del Far West e dalle espressioni artistiche degli indiani d’America, per giungere fino alla cultura pop. E punta sull’immagine a stampa, elaborata dall’artista con le stesse modalità dei dipinti, muovendo da disegni e studi preparatori.
Il percorso, che lo segue sin dagli anni Cinquanta, procede per temi, affrontando il suo interesse per la storia e i vernacoli americani, da lui intrecciati con le suggestioni giunte dalle avanguardie europee (da Klee, Picasso ed Ernst soprattutto). Entrano poi in scena la poetica tipicamente Pop degli oggetti, declinata nei colori primari (e con l’invenzione spiazzante dei «Mirror» che non riflettono nulla), gli «Interior», i fumetti, la rappresentazione della figura femminile e dei paesaggi, l’astrazione e l’omaggio ai maestri del ’900, da lui riletti con ironia, in un linguaggio che aprirà le porte al Postmodernismo.
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