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Erich Schleier e Mary Newcome nell’aprile 2009 a Palazzo Chigi in Ariccia. Foto

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Erich Schleier e Mary Newcome nell’aprile 2009 a Palazzo Chigi in Ariccia. Foto

Addio a Mary Newcome ed Erich Schleier

I due studiosi, grandi esploratori della pittura barocca italiana, se ne sono andati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altra

Alessandro Morandotti

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Lo scorso dicembre, a soli pochi giorni di distanza l’uno dall’altra, ci hanno lasciato due studiosi dell’arte italiana, sempre ospitali nella loro bella casa tappezzata di libri a Berlino. Mary Newcome (28 gennaio 1936-3 dicembre 2023) ed Erich Schleier (8 luglio 1934-7 dicembre 2023), invecchiati insieme e scomparsi in sincrono come Filemone e Bauci, lasciano un grande vuoto tra quanti hanno apprezzato i loro studi, pressoché unicamente dedicati all’arte genovese tra Cinquecento e Settecento nel caso di Mary, con una più ampia geografia tra l’Emilia, Roma e l’Italia meridionale in quello di Erich.

Sarebbe bello ripercorrere in parallelo le loro avventure di studio, ma a me preme qui ricordare brevemente il profilo di Schleier, grande esploratore della pittura del Seicento italiano in quella congiuntura miracolosa che tra Parma, Ferrara, Bologna, Roma e Napoli ha segnato alcune delle vicende più alte del secolo. Curatore della pittura italiana presso la Gemäldegalerie di Berlino dal 1971 al 1999, ha lavorato incessantemente mettendo a fuoco personalità di protagonisti e comprimari, senza rincorrere temi facili e di moda, ma indagando a tappeto artisti di primo piano quali Giovanni Lanfranco, Pietro da Cortona, Baciccio, Pier Francesco Mola, Luca Giordano e il loro entourage.

Un lavoro di lenta tessitura svolto tra articoli in rivista, saggi in volume, curatela di mostre, schede di catalogo, con la diligenza del filologo che indaga i documenti, le fonti letterarie e soprattutto guarda le opere d’arte con l’occhio del conoscitore consapevole. Questa pressoché univoca militanza per la riscoperta e la migliore messa a fuoco della pittura e della grafica del Seicento italiano ne fa un perfetto confratello di Jacques Thuillier, infaticabile esploratore dell’arte del Seicento francese. Studiosi che dovremo sempre ricordare ed ammirare.

Rimane il rammarico di non avere in mano il suo lavoro definitivo su Giovanni Lanfranco, a lungo annunciato ma mai giunto a termine, nonostante i numerosi contributi dedicati all’artista: diverse decine di voci bibliografiche che comprendono anche ponderosi cataloghi come quelli dei disegni degli Uffizi (1983) e della collezione grafica di Düsseldorf (2006) o quello della mostra monografica vista tra Parma, Napoli e Roma curata in ogni dettaglio dallo studioso (2001).

Schleier aveva capito la centralità di quel pittore nato nella Parma di Correggio, formatosi con Annibale Carracci ma capace, pressoché unico tra gli artisti di area emiliana, di intercettare con grande intelligenza e autonomia le novità della cultura caravaggesca, vista soprattutto attraverso la sensibile vena di colorista di Orazio Borgianni.

La speranza è che qualche editore abbia l’idea di raccogliere i suoi studi su Lanfranco in volume, o, con il dovuto rispetto a chi ne è stato primo grande interprete, trovi il modo di portare a compimento, potendo disporre delle carte e delle fotografie dello studioso, il suo lavoro monografico su Lanfranco, pittore che va definitivamente considerato come uno dei grandi maestri della pittura del Seicento europeo.
 

Erich Schleier e Mary Newcome nell’aprile 2009 a Palazzo Chigi in Ariccia. Foto

Alessandro Morandotti, 15 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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