Claes Oldenburg vicino a «Giant Three-Way Plug» (1970), all’Oberlin College.

Cortesia di Allen Memorial Art Museum, Oberlin College

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Claes Oldenburg vicino a «Giant Three-Way Plug» (1970), all’Oberlin College.

Cortesia di Allen Memorial Art Museum, Oberlin College

Addio a Claes Oldenburg

«L’unica regola del mio lavoro è che non deve avere alcuna funzione, diceva il Pop artist. Inizio eliminando la funzione dell’oggetto perché la sua vera funzione è diventare un’opera d'arte»

Wallace Ludel

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Claes Oldenburg, figura chiave della Pop Art e personalità centrale dell’arte americana del dopoguerra, è morto all’età di 93 anni. Stava recuperando da una caduta quando è mancato nella sua casa-studio nel quartiere SoHo di Manhattan.

Oldenburg era nato a Stoccolma il 28 gennaio 1929. Sua madre Sigrid Elisabeth Oldenburg era una cantante concertista e suo padre Gosta Oldenburg era un diplomatico svedese, ruolo che richiedeva alla famiglia frequenti spostamenti in tutto il mondo. Nel 1936 la famiglia si trasferì a Chicago, dove rimase per il resto dell’infanzia di Claes.

Dal 1946 al 1950, Oldenburg studia inglese e storia dell’arte a Yale, per poi tornare a studiare all’Art Institute di Chicago. Nel 1956 Oldenburg si trasferisce a New York, dove viene rapidamente coinvolto nell’ambiente dove si stava sviluppando la pratica dell’Happening, un termine coniato da Allan Kaprow, con cui Oldenburg stringe amicizia poco dopo il suo arrivo in città, per descrivere un tipo di performance art partecipativa.

Nel 1959 si tenne la prima mostra personale di Oldenburg alla Judson Gallery, uno spazio nel seminterrato della Judson Memorial Church nel Greenwich Village, che fu, tra l’altro, il luogo di nascita del Judson Dance Theater. La mostra comprendeva collage, disegni e sculture di cartapesta. Nel 1961 Oldenburg intraprese un progetto chiamato «The Store», in cui affittò un negozio al 107 di East 2nd Street a Lower Manhattan per realizzare e vendere opere d’arte. Le sculture rappresentavano oggetti quotidiani sciolti e gocciolanti come cibo, vestiti e mobili, che combinavano la sensibilità concettuale della Pop Art con i significanti estetici dell’Espressionismo astratto.

«L’unica regola del mio lavoro è che non deve avere alcuna funzione, ha detto Oldenburg in un’intervista del MoMA a proposito di "The Store". Inizio eliminando la funzione dell’oggetto perché la sua vera funzione è diventare un’opera d’arte».

Vendendo le proprie opere direttamente nello spazio in cui sono state concepite Oldenburg ha anche riflettuto sul mercato dell’arte, sia per quanto riguarda il potenziale aggiramento del modello tradizionale di galleria, sia intorno al concetto di arte come merce. Per la seconda versione dello store, Oldenburg, insieme alla prima moglie Patricia Muschinski, nota come Patty Mucha, ha rifornito il negozio di enormi oggetti «morbidi», come un cono gelato lungo 3 metri e un hamburger di 2 metri per 3 fatto di tessuto cucito e imbottito. Si trattava di un primo assaggio di quelli che sarebbero diventati tratti fondamentali delle opere di Oldenburg: l’interesse per la scala, che sarebbe rapidamente decollato verso nuove altezze, e quello per le sculture morbide, di cui l’artista realizzò centinaia di esemplari.

Nel 1969, Oldenburg fu incaricato da un gruppo di studenti di architettura di Yale di creare «Lipstick (Ascending) on Caterpillar Tracks», il primo di molti «Colossal Monuments», come li chiamava l’artista. Lipstick consisteva in un tubo di rossetto gonfiabile alto più di 7 metri montato su quelli che sembravano i battistrada di un carro armato. C’è un duplice riferimento al movimento di liberazione delle donne e alle proteste studentesche contro la guerra del Vietnam. L’opera è stata esposta nel campus di Yale. Cinque anni dopo venne rifatta in acciaio e oggi si trova ancora nel campus di New Haven.

Oldenburg e Mucha divorziarono nel 1970 e presto l’artista svedese incontrò la storica dell’arte Coosje van Bruggen. I due si sposarono nel 1977 e divennero partner artistici per tutta la vita, collaborando fino alla morte di Bruggen nel 2009. Un anno prima del loro matrimonio, Oldenburg e van Bruggen hanno prodotto la loro prima opera: la scultura «Trowel I» del 1976, una vanga da giardinaggio alta più di 11 metri installata al Kröller-Müller Museum nella città olandese di Otterlo. I due hanno lavorato insieme a oltre 40 commissioni, tra cui una molletta a Philadelphia, un volano a Kansas City, un timbro di gomma a Cleveland e molte altre opere simili, tutte in scala gigantesca.

In alcuni casi, il collegamento tra il luogo e il significato dell’opera non era chiaro, mentre in altri, come «Lipstick», contenevano un commento politico più esplicito. Oldenburg ha anche concepito una serie di opere pubbliche fortemente politiche che non sono mai state realizzate; tra queste, la sostituzione della Statua della Libertà con un enorme ventilatore elettrico, a simboleggiare il desiderio degli Stati Uniti di spazzare via gli immigrati dalle loro coste, e la sostituzione del Monumento a Washington con un paio di forbici. «Come le forbici, gli Stati Uniti sono avvitati insieme, ha scritto, due parti violente destinate nel loro percorso arcuato a incontrarsi come una sola».

«La perdita di Claes Oldenburg, grande artista e buon amico, è profondamente triste», ha scritto Paula Cooper, amica di lunga data di Oldenburg e sua gallerista negli ultimi 20 anni. «I suoi primi lavori, straordinariamente originali, hanno avuto un’enorme influenza su molti artisti, che sono stati condizionati dalla sua libertà di pensiero e dal suo modo radicale di esprimersi. Quando iniziò la sua collaborazione con Coosje van Bruggen, con la quale avevo uno stretto rapporto, il lavoro divenne più grande e più audace. È stato emozionante lavorare con Claes, il cui strano modo di vedere le cose era delizioso e capace di cambiare completamente l'umore».

Dall’archivio:
Intervista di Umberto Allemandi e Ida Giannelli del 1985 in occasione del progetto «Il Corso del Coltello» presentato a Venezia
Intervista di Franco Fanelli del 2006 in occasione della mostra di Oldenburg-van Bruggen al Castello di Rivoli
 

Wallace Ludel, 19 luglio 2022 | © Riproduzione riservata

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