A casa di Tito Macro

Inaugurata la domus nel Fondo Cossar dopo gli interventi della Fondazione Aquileia

Render del giardino e del portico della parte orientale della casa di Tito Macro ad Aquileia. © Ikon Gorizia
Laura Giuliani |  | AQUILEIA (Ud)

«Famosissima per mura e porto», come scriveva il poeta Ausonio nel IV secolo d.C. (Ordo urbium nobilium, 67), Aquileia, fondata secoli prima nel 181 a.C. come colonia romana e avamposto contro le popolazioni transalpine, divenne nei secoli città importantissima e cosmopolita. La ricca area archeologica racchiude una delle dimore di età romana più estese rinvenute nel nord Italia, la domus di Tito Macro, inaugurata il 25 settembre scorso a conclusione degli interventi di valorizzazione e musealizzazione avviati oltre dieci anni fa dalla Fondazione Aquileia sotto la direzione del presidente Antonio Zanardi Landi.

Un progetto innovativo che alla tutela e alla conservazione del sito unisce la ricostruzione dei volumi della casa grazie a una particolare struttura di copertura che dà forma agli ambienti consentendone la lettura attraverso i resti archeologici. Al progetto, costato 6 milioni di euro e reso possibile grazie al contributo di metà dell’importo da parte di Ales e ai finanziamenti della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, hanno preso parte l’Università degli Studi di Padova, con la direzione degli scavi affidata al professor Jacopo Bonetto, e un folto gruppo di professionisti coordinato dall’architetto Eugenio Vassallo dell’Università Iuav di Venezia sotto l’egida della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia.

Mario De Simoni presidente e amministratore delegato di Ales ci tiene a sottolineare che «la realizzazione di un progetto così importante conferma la bontà della collaborazione tra la Fondazione Aquileia e Ales, società in house del Mibact, sia per gli aspetti tecnici sia per quelli finanziari». La domus insiste nell’area del Fondo Cossar, una zona riportata alla luce negli anni Cinquanta e già indagata nell’Ottocento, conferita in uso alla Fondazione Aquileia insieme al Fondo Cal, al Fondo Pasqualis, al Sepolcreto e alla Südhalle.

Proprietario della signorile domus era Tito Macro, individuato grazie al ritrovamento di un peso in pietra iscritto col suo nome. Proprio gli scavi hanno consentito di ricostruire l’impianto dell’abitazione risalente al I secolo d.C. e utilizzata anche nei secoli successivi. Delimitata da due strade, la domus occupa una superficie di 1.500 mq in uno degli isolati meridionali della città da cui provengono straordinari mosaici tra cui il celebre mosaico del Buon Pastore del IV secolo d.C., temporaneamente esposto a Palazzo Meizlik.

I mosaici geometrici a tessere bianche e nere della casa di Tito Macro invece sono protetti dall’elegante struttura di copertura in laterizio sorretta da pilastri in acciaio verniciato in rosso pompeiano, tetto di legno, coppi e tegole e pareti (semi)chiuse, perfettamente integrata nel paesaggio e che richiama la volumetria degli ambienti antichi secondo lo schema classico della domus: l’atrio colonnato con vasca centrale per la raccolta dell’acqua e il tablino (sala di ricevimento), nel retro della casa il giardino sul quale si aprivano la sala di rappresentanza e il triclinio con gli ambienti di soggiorno, la stanza da letto, la cucina a nord nonché quattro botteghe di cui una con forno destinato alla panificazione nella parte orientale.

Tra i reperti venuti alla luce spiccano un prezioso anello d’oro e pasta vitrea (II-III secolo d.C.), moltissime monete tra le quali il sesterzio dell’imperatore Massimino il Trace, ucciso proprio ad Aquileia dai suoi stessi soldati, e un tesoretto di oltre 500 monete nascosto dal suo proprietario nella zona dell’atrio intorno al 460 d.C., all’indomani della presa della città da parte di Attila re degli Unni.

© Riproduzione riservata Interno della domus di Tito Macro ad Aquileia dopo l’intervento di ricostruzione dei volumi. © G. Baronchelli
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