A Camera i mondi di Paolo Ventura

Un fotografo che è insieme favolista, pittore, scenografo, artigiano, scultore e costumista

«Mare Tirreno» (2019) di Paolo Ventura
Chiara Coronelli |  | Torino

Il tema del doppio, il gusto per il gioco e il travestimento, lo sguardo al passato, l’invenzione di realtà immaginarie tanto verosimili da scivolare nel mistero, sono alcuni dei tratti che tornano costantemente nella poetica di Paolo Ventura, nella visionarietà eclettica e multiforme di un fotografo che è insieme favolista, pittore, scenografo, artigiano, scultore e costumista. «Paolo Ventura. Carousel» è la mostra, a cura di Walter Guadagnini in collaborazione con Monica Poggi, che Camera dedica all’artista dal 17 settembre (fino all’8 dicembre), con una selezione di lavori realizzati negli ultimi 15 anni.

Nato a Milano nel 1968, dopo gli studi all’Accademia di Brera comincia come fotografo di moda collaborando con importanti testate, fino a quando all’inizio degli anni Duemila si trasferisce a New York, dove darà il via alla ricerca per cui è noto al pubblico internazionale. Qui monta i suoi set teatrali in miniatura, diorami dove scorrono mondi ricreati con materiali di recupero, modellini, oggetti, vecchi costumi e marionette, in scene approntate per essere fotografate. «War Souvenir» s’ispira all’Italia della seconda guerra mondiale filtrata dai ricordi della nonna, tra strade, lampioni, biciclette, balere e soldati.

Nelle «Winter Stories» c’è la Milano in cui è cresciuto e dove a Natale è atteso il circo con i suoi funamboli, i pagliacci, i giocolieri, mentre in «The Automaton» allestisce nei minimi particolari un quartiere di Venezia del tutto inventato. Con «Behind the Walls» ricorre per la prima volta al digitale per fotografarsi e poi inserirsi in carne e ossa in una città di cartapesta, dove si moltiplicano i suoi alter ego.

Intanto nel 2012 torna in Italia e si stabilisce per alcuni anni ad Anghiari ricavando sotto il lucernario dello studio un piccolo palcoscenico con una pedana centrale a grandezza d’uomo, chiusa da fondali che lui dipinge e davanti ai quali posa come attore, insieme ai famigliari, nelle «Short Stories» dove ancora realtà e finzione si ibridano tra malinconia e ironia. Disegna le scenografie di «Carousel» per l’Opera di Chicago, e poi quelle dei «Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo per il Teatro Regio di Torino, nel solco di una commistione tra pittura, teatro e fotografia. E nei «Collage» soldati, maghi e saltimbanchi si ritrovano all’interno di mondi dove il ricorso alla pittura si fa più insistito.

La prima parte della rassegna è un viaggio attraverso questi mondi immaginari, dentro la fucina dove prendono vita le sue storie, anche attraverso i disegni, le maschere, i costumi e le scenografie, compresa un’incursione nelle prime sperimentazioni con il close-up e il flash anulare.

La seconda parte si concentra su due progetti inediti. «Grazia ricevuta» è la rivisitazione del genere dell’ex voto, caro all’autore come tutta la cultura popolare. L’altro è il risultato di una residenza all’Iccd-Istituto Centrale del Catalogo e la Documentazione di Roma, realizzata grazie alla collaborazione tra Camera e l’ente ministeriale. È uno studio sul Risorgimento e sulla rappresentazione della guerra nella fotografia.

Si conclude con l’installazione che occupa l’intero corridoio di Camera lungo il quale si ritrovano le città e i luoghi ricreati da Ventura, qui riassemblati in un prospetto che restituisce il suo sguardo trasognato. Una monografia di Silvana Editoriale è pubblicata per l’occasione.

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