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Il museo dedicato all'artista lo celebra per il 200mo anniversario della nascita
- Ada Masoero
- 24 ottobre 2020
- 00’minuti di lettura


La «Rotonda» del Museo Vela, con l’odierno allestimento dei modelli originali. © Museo Vincenzo Vela. Foto di Mauro Zeni
Nel 200mo anniversario della nascita dello scultore svizzero Vincenzo Vela, il museo da lui voluto celebra la ricorrenza con la mostra «Vincenzo Vela, scultore (1820-1891). Poesia del reale» (dal 25 ottobre al 5 dicembre), curata dalla direttrice Gianna A. Mina con Marc-Joachim Wasmer e Thilo Koenig. Con le sue 230 opere, la rassegna occupa il primo piano della gran villa, pensata sin dall’inizio dall’artista come una casa museo, con gli ambienti del piano terreno (specie l’aulica «Rotonda», oggi pantheon degli uomini illustri del nostro Risorgimento, destinati a esporre al meglio i suoi gessi).
Svizzero, ma attivo con successo prima a Milano, poi a Torino, alla Corte sabauda e all’Accademia Albertina, combattente sia per l’indipendenza del suo Ticino (nella Guerra del Sonderbund, 1845), sia per quella dell’Italia dall’Austria (nelle Giornate di Como, 1848), Vincenzo Vela è stato un protagonista della scultura di stampo realista, che s’impose alla metà del XIX secolo.
La mostra pone l’accento sulla sua fedeltà al vero, che gli guadagnò il favore dei committenti progressisti: Vela si proponeva di rappresentare il reale con la massima fedeltà alla natura, ma si dedicava anche a tematiche più intime, come le sculture di bambini, pur senza trascurare la rappresentazione dei potenti e degli avvenimenti storici del tempo.
Ad arricchire le raccolte del museo (gessi, documenti e numerose fotografie della sua collezione), sono giunti a Ligornetto (il borgo nel Mendrisiotto dove Vela nacque e morì), prestiti da raccolte pubbliche e private. Accompagna la mostra la «app» SmARTravel, guida al museo, al parco e ai tre itinerari attraverso Milano, Torino e il Canton Ticino.

La «Rotonda» del Museo Vela, con l’odierno allestimento dei modelli originali. © Museo Vincenzo Vela. Foto di Mauro Zeni