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Un bizzarro ma con una forza masaccesca

A un personaggio poco noto al grande pubblico, fisionomia assai singolare, è dedicata la mostra «Giovanni Dal Ponte (1385-1437) Protagonista dell’Umanesimo tardogotico», allestita alla Galleria dell’Accademia dal 22 novembre al 12 marzo. Si tratta della prima mostra della nuova direzione di Cecile Hollberg, ma svolgimento di un’idea di Angelo Tartuferi, responsabile del settore dipinti dal Duecento al Quattrocento dell’istituzione, che della mostra è curatore con Lorenzo Sbaraglio, del Polo museale regionale della Toscana e studioso di Dal Ponte.

«Giovanni Dal Ponte ha dei risvolti davvero singolari, con un registro amplissimo di influenze stilistiche, spiega Tartuferi (già cocuratore della mostra «Bagliori dorati» alla Gallerie degli Uffizi nel 2012, su temi analoghi), poiché nelle sue opere troviamo l’alternanza di motivi tardogotici con altri di impronta masaccesca: una lezione assimilata precocemente, se si fa fede alla fonte seicentesca in cui la Pala di San Pietro, ora smembrata tra vari musei (la predella resta agli Uffizi e i laterali al Museo Bandini di Fiesole, Ndr), è citata nella chiesa di San Pier Scheraggio e datata al 1424». E sebbene alcuni studiosi mettano in dubbio la veridicità di questa testimonianza, tendendo a posticipare la data al 1429, quando l’artista firma dei dipinti per Santa Trinita, Tartuferi è convinto della sua proposta, annotando come, verso la fine del decennio, lo stile di Dal Ponte tenda al recupero di modelli tardogotici, evidenti nell’«Annunciazione» della Pinacoteca Vaticana, che rimanda a Taddeo Gaddi.

Bizzarro anche nelle tecniche, Dal Ponte oscilla spesso tra una sprezzatura formale molto accentuata e un arrovellarsi plastico della struttura. «Uno degli spunti principali per intendere la personalità artistica del pittore è offerto dalla forza masaccesca presente in certi ritratti di committenti, osserva Tartuferi, come nella pala di San Donato a Porrano (Cinigiano) o nella pala conservata a Budapest; sono elementi che si sovrappongo a quelli della sua formazione, avvenuta probabilmente a Venezia, città natale del padre, come emerge dai documenti ritrovati da Annamaria Bernacchioni». A Firenze Dal Ponte guarderà al portoghese Àlvaro Pires, oltre che a Paolo Uccello, Ghiberti, lo Starnina, Masolino, Lorenzo Monaco e Beato Angelico, presenti in mostra.

Alla sua origine veneziana potrebbe riferirsi anche l’interesse per il disegno di stoffe per paramenti, come quelli forniti per la chiesa di Santo Stefano al Ponte, nella cui piazza il pittore ebbe la sua bottega, e da lì prende il nome. Tra i numerosi prestiti esteri (National Gallery di Londra, Museum of Art di Filadelfia, Fogg Art Museum di Cambridge), spicca il cassone dipinto proveniente dal  Musée Jacquemart-André di Parigi, pressoché integro nella struttura originale; così come notevole è il fronte di cassone in prestito dal Prado di Madrid, esempio di Umanesimo tardogotico.

Laura Lombardi, 21 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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Un bizzarro ma con una forza masaccesca | Laura Lombardi

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