
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Speciale Viaggi d'Arte
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2025 in edicola
In allegato:
Speciale Viaggi d'ArteVerifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
- Ada Masoero
- 02 aprile 2017
- 00’minuti di lettura


Le fototessere di Vaccari
- Ada Masoero
- 02 aprile 2017
- 00’minuti di lettura
«Nella mia sala alla Biennale di Venezia del 1972 ho esposto una cabina Photomatic (una cabina per fototessere) e una scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato a innescare il processo, facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip erano oltre 6mila». Così Franco Vaccari (Modena, 1936), artista e fine teorico, autore di testi fondamentali sulla fotografia contemporanea, commenta la sua «Esposizione in tempo reale n. 4», la più famosa delle tante che aveva e avrebbe realizzato, mettendo in atto con esse uno dei principi fondanti del suo fare arte: la «totale democratizzazione dell’attività artistica» (come scriveva Renato Barilli, curatore con Francesco Arcangeli della sezione «Opera o comportamento», in cui era la sala di Vaccari), il coinvolgimento attivo dello spettatore e la cessione dell’autorialità del gesto artistico al pubblico.
L’artista si limita così a essere stimolo di un processo che, deliberatamente, gli sfuggirà di mano, mentre la fotografia diventa un’«impronta» di esistenze. Al tempo stesso, visto con lo sguardo di oggi, il suo diventa anche un gesto profetico, anticipatore dell’ossessivo uso attuale dei media da parte di una folla anonima di utenti, tutti alla spasmodica ricerca di documentare il Real Time (l’hic et nunc si sarebbe detto un tempo) e di trovare una (warholiana) ribalta di visibilità. Lo evidenzia Luca Panaro, curatore della mostra «Franco Vaccari. Una collezione 1966-2010», che si tiene fino al 14 aprile alla Fondazione Marconi, in contemporanea con la personale di Antonio Dias.
Anche questa rassegna, come l’altra, espone i lavori dell’artista raccolti da Giorgio Marconi, che con Vaccari collabora dal 1977 e che ha riunito le sue opere più significative, sin da quelle del 1966. In mostra scorrono le prime sperimentazioni di «Visuelle Poesie», 1966, il «Viaggio per un trattamento completo all’albergo diurno Cobianchi», 1971, e molte delle «Esposizioni in tempo reale», fino alle «Photostrip dalla Biennale di Gwangju» in Corea, del 2010.