A volte sembra che le differenze di genere (perlomeno artistico) non esistano: è il caso dell’opera del sudafricano William Kentridge, protagonista dall’8 giugno al 13 ottobre dell’esposizione «Una poesia che non ci appartiene» al Kunstmuseum. Nato a Johannesburg nel 1955, Kentridge studia scienze politiche e teatro tra il Sudafrica e Parigi.
Negli anni ’70 prende posizione nella critica del regime dell’apartheid (in vigore dal 1948 al ’94) scrivendo un’opera teatrale dedicata al quartiere di Sophiatown, da cui oltre 60mila residenti furono cacciati in nome della segregazione. Appassionato disegnatore, dopo aver tentato una carriera come attore e un’altra come regista, Kentridge si arrende all’idea che l’unica possibilità creativa risieda nella fusione delle sue passioni: nascono così le sue eclettiche animazioni video composte da fotografie di disegni al carboncino, litografie, collage e scenografie teatrali.
Questa pratica porta alla serie dei «Disegni per proiezioni» ai quali Kentridge si dedica dal 1989 al 2003: questi film dalla durata variabile sono abitati da personaggi ricorrenti di cui Kentridge si serve per narrare l’ambiguità del Sudafrica contemporaneo. Ripartita su tre piani del museo svizzero, l’esposizione presenta opere su carta e film degli anni ’80 e ’90 insieme a opere recenti. Tra i lavori maggiori il video «Processione d’ombra» (1999), emblema di come Kentridge abbia trasformato il teatro delle ombre in strumento di memoria e di intervento politico, e «La testa e il Carico» (2018) film dedicato al ruolo dell’Africa durante la prima guerra mondiale.