«Ritratto di Giovanni Gerolamo Grumelli («Il cavaliere in rosa») (1560), di Giovanni Battista Moroni (particolare). Bergamo, Palazzo e Giardini Moroni. Collezione privata Lucretia Moroni

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«Ritratto di Giovanni Gerolamo Grumelli («Il cavaliere in rosa») (1560), di Giovanni Battista Moroni (particolare). Bergamo, Palazzo e Giardini Moroni. Collezione privata Lucretia Moroni

Il Rinascimento a Bergamo visto con gli occhi del Novecento

In attesa della completa riapertura dopo i restauri, a novembre, Palazzo Moroni diventa un salotto di inizio secolo con opere di Lotto, Savoldo, Moretto e Moroni

È firmata da Giovanni Agosti, allestita da Margherita Palli e illuminata da Pasquale Mari la mostra «L’età dell’innocenza. Il Rinascimento a Bergamo e Brescia intorno al 1900», aperta fino all’8 ottobre nel Palazzo Moroni in Città Alta, a Bergamo, un bene del Fai che, in attesa della completa riapertura dopo i restauri, nel prossimo novembre, partecipa con questa esposizione, resa possibile da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, alle attività di «Bergamo Brescia 2023».

I 12 capolavori di Lorenzo Lotto, Andrea Previtali, Giovanni Gerolamo Savoldo, Alessandro Bonvicino detto Moretto e Giovanni Battista Moroni (è qui che «risiede»il suo celeberrimo «Cavaliere in rosa») esposti nella Sala da ballo del palazzo, affrescata nel Seicento, sono espressione di quella speciale declinazione del Rinascimento che, alla metà del Cinquecento, fiorì nelle due città, facendone delle vere capitali dell’arte ma, in un sofisticato gioco di specchi e di rimandi, ci sono offerti dal curatore attraverso lo sguardo del primo Novecento, quando le grandi famiglie locali aprivano ai viaggiatori internazionali i loro palazzi per mostrar loro i tesori d’arte che da generazioni vi erano conservati.

Di qui, il titolo «L’età dell’innocenza», lo stesso del famoso romanzo del 1920 della scrittrice americana Edith Wharton (che visitò Bergamo), Premio Pulitzer nel 1921, e poi del film di Martin Scorsese (1993), che narra la vita e i costumi, sontuosi e soffocanti, dell’alta società di quel momento storico: la Sala da ballo di Palazzo Moroni si trasforma così in un salotto d’inizio secolo, con pesanti tendaggi di seta (donati da Rubelli, Venezia), tappeti, piante di kentia e una folla di suppellettili, secondo quell’horror vacui che imperava allora nelle dimore del gran mondo. E in essa, oltre ai dipinti del ’500, trovano posto arredi portati qui da altri beni dei Fai, in un allestimento che rivela una modalità di percezione dell’arte a noi ormai sconosciuta.

Palazzo Moroni, al momento, apre ai visitatori anche lo scalone affrescato, la corte, i giardini formali e l’ortaglia (l’antica area agricola del palazzo: due ettari di frutteto e gelseto nel cuore della città), dove si proiettano all’aperto film d’autore, tra cui «L’età dell’innocenza» e «L’innocente» (1976, questo di Luchino Visconti). La mostra è fruibile anche da persone con disabilità intellettiva, grazie al progetto «Museo per tutti», ideato dall’associazione L’Abilità, con Fondazione de Agostini.

«Ritratto di Giovanni Gerolamo Grumelli («Il cavaliere in rosa») (1560), di Giovanni Battista Moroni (particolare). Bergamo, Palazzo e Giardini Moroni. Collezione privata Lucretia Moroni

Ada Masoero, 14 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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