Sono passati cinquant’anni dalla morte di Hans Jean Arp (1887-1966), uno degli artisti che segnarono il secolo scorso partecipando attivamente alle avanguardie dei primi decenni del Novecento ma riuscendo a mantenere sempre una sua specificità «tesa a cogliere l’energia cosmica e le forze creatrici connesse con la natura», per dirla con Alberto Fiz, curatore di una mostra a lui dedicata e aperta sino al 15 gennaio nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano.
Arp dagli anni Trenta si dedicò in prevalenza alla scultura, ottenendo il Premio per questa disciplina alla Biennale di Venezia del 1954. La mostra romana, promossa dalla Soprintendenza con Electa, è realizzata in collaborazione con la Fondation Arp di Clamart. È esposta un’ottantina di opere tra sculture, rilievi, stampe e «papier collé» che ripercorrono l’intera ricerca di Arp, dai primi rilievi in legno del 1915 del periodo zurighese alle sculture realizzate a partire dal 1930, fino all’ultima produzione, più monumentale, esemplificata, fra l’altro, da «Berger des Nuages» del ’53, alto oltre tre metri.
Altri pezzi importanti sono «Pépin Géant» (1937) del Centre Pompidou, che presta pure una «Construction architectonique» in gesso del ’65, «Femme paysage» (1966) da Gallerie d’Italia di Intesa SanPaolo, esempi della serie delle «Concrétions humaines» (1934), la scultura automatica «Omaggio a Rodin» (1938), «Thalès de Milet» (1951) e «Poupée borgne» (1963). Una sezione riguarda lo stretto sodalizio con la moglie Sophie Taeuber, pittrice e designer. Catalogo Electa.