Insetti e animali essiccati, piante, erbari e minerali. Le ottocentesche atmosfere dell’ex Collegio Mallerio Rosmini a Domodossola sono la cornice perfetta per la mostra «Alchemica» di Elisa Seitzinger (visibile fino al 5 febbraio), organizzata nell’ambito del progetto Interreg Italia-Svizzera «Di-Se–DiSegnare il territorio», tre anni all’insegna del disegno e dell’arte a cura di Associazione Musei d’Ossola, Museumzentrum La Caverna di Naters e Associazione Asilo Bianco. Nata e cresciuta nelle valli ossolane, l’artista e illustratrice ha collaborato con cantautori e scrittori come Vinicio Capossela e Loredana Lipperini. Ispirandosi all’arte e ai bestiari medievali, ai codici miniati, ai mosaici e alle icone bizantine e ortodosse, ai tarocchi, all’esoterismo, agli ex voto e alla pittura primitiva elabora un’iconografia originale e senza tempo con la quale realizza installazioni, schizzi, tavole, stoffe e disegni scientifici e «rende visibili storie, personaggi e concetti astratti attraverso simboli che svelano significati reconditi», ci spiega Seitzinger, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.
Questa mostra costituisce la seconda tappa di un ciclo inaugurato al Forte Malatesta di Ascoli Piceno. Come ha avuto origine la mostra di Domodossola e che cosa differenzia i due appuntamenti?
Più o meno contemporaneamente ho ricevuto la proposta di organizzare una mostra monografica sia dall’Associazione culturale marchigiana Verticale d’Arte che dall’Associazione Musei d’Ossola. Ho pensato di accettare entrambe le offerte in modo da unire le forze e realizzare due tappe della mostra «Seitzinger Alchemica», prima al Forte Malatesta di Ascoli Piceno e poi al Collegio Mellerio Rosmini di Domodossola. Le mostre hanno dei pezzi comuni, ma le location sono completamente diverse. Nel Forte Malatesta ho avuto a disposizione degli spazi incredibili, ma a livello di superfici più limitati e dal punto di vista espositivo più neutri, anche se di un grandissimo pregio storico artistico, trovandosi in una fortezza progettata da un archistar del Rinascimento, Antonio da Sangallo il Giovane. A Domodossola mi sono trovata ad allestire più di mille metri quadrati di mostra mettendo in dialogo le mie opere con il museo di storia naturale ottocentesco, l’antica biblioteca, il refettorio e la chiesa del collegio nel rispetto del luogo e delle esposizioni preesistenti.
Come nascono tecnicamente e concettualmente i suoi disegni e le sue installazioni?
Sono rivisitazioni in chiave contemporanea di simboli, di soggetti del nostro patrimonio storico-artistico, di iconografie sacre, pagane, a volte esoteriche. Tutto parte dal disegno a china, colorato poi in digitale. Questo mi permette una grande versatilità di applicazioni dalla tradizionale carta stampata alle installazioni su grande formato, come gli arazzi o le vetrofanie site-specific nel caso dei corridoi del collegio Rosmini. Naturalmente ci sono delle accortezze estetiche fondamentali, a partire dalla composizione, che deve valorizzare e adattarsi a formati diversi, l’impatto visivo, che deve essere studiato per lo scopo della fruizione finale. Un manifesto non può essere progettato come il pattern di un tessuto. Inutile iniziare un progetto se prima non si sanno le finalità, le declinazioni, i formati, le dimensioni. L’approccio contenutistico e la tecnica con cui realizzo le mie opere, invece, non cambia molto, può essere più o meno «decorativo», ma gli ingredienti simbolici che mi caratterizzano non mancano mai perché sono un’emanazione del mio immaginario.
Quali sono le fonti di ispirazione e come si coniugano iconografia antica e contemporaneità nel suo lavoro?
Difficile dare una risposta generica: dipende dai progetti e dal messaggio che voglio veicolare in ciascuno. Sono l’opposto di un pittore impressionista o semplicemente di uno di quei disegnatori che hanno sempre lo sketchbook o l’i-pad pro con sé. La mimesi del reale in ogni sua forma non m’interessa. Sono un animale da studio, prima di affrontare un progetto leggo, attingo a piene mani da iconografie di altre epoche storiche, reinterpreto le nostre radici culturali sacre, profane, auliche o popolari in composizioni ieratiche e con colori pop. I miei personaggi, protagonisti assoluti delle mie illustrazioni, sono caratterizzati dai loro dettagli anatomici, dalle loro vesti o dai loro accessori se sono nudi, dal loro apparato simbolico, esseri stranianti che troneggiano sul loro palcoscenico, la superficie piatta del foglio. L’esperienza continua aldilà dei momenti «produttivi» è di vitale importanza per alimentare il mio immaginario. Senza l’emozione di visitare giardini iniziatici, sacri monti, collezioni museali da wunderkammer, dimore artistiche e cimiteri monumentali, vedere certi film anni ’70 o andare a un buon concerto mi chiedo se la scintilla che accende il mio immaginario scoccherebbe comunque…
Qual è il suo rapporto con Domodossola e il Collegio Rosmini?
Entrambi i miei genitori alle medie hanno studiato lì, ai tempi era un privilegio poter studiare in collegio, potevano tornare a casa loro solo una volta ogni quindici giorni. Tuttavia mia madre (mio padre è mancato, quindi non posso sapere) è orgogliosa di aver fatto questa esperienza di vita piuttosto dura se si pensa a come educhiamo i nostri figli oggi. Il mio rapporto con il collegio è stato di amore a prima vista, entrare in quel luogo per la prima volta è stato come trovarsi in una via di mezzo tra un film di Luchino Visconti e un horror di Pupi Avati, o in termini più pop dove i fratelli D’Innocenzo o Garrone potrebbero girare un remake di Harry Potter. Combinazione perfetta per i miei gusti. Gli animali esotici imbalsamati, la rara collezione di fiori in bachelite smontabile, la trivella del traforo del Sempione, le antiche strumentazioni scientifiche sono oggetti da autentica wunderkammer. Di Domodossola ho solo vaghi ricordi della mia infanzia e adolescenza, un centro estivo da ragazzina… adesso Domodossola è molto più bella e ben tenuta di allora. Piazza del Mercato e il Sacro Monte Calvario sono luoghi speciali che vale davvero la pena visitare. Un ottimo punto di partenza per poi proseguire l’esplorazione di tutta l’Ossola, una terra magica dove la natura lascia a bocca aperta e certe architetture sono uniche.
A che cosa sta lavorando adesso?
A tantissimi progetti. Per citarne alcuni: le copertine di Inferno, Purgatorio e Paradiso di Dante per Feltrinelli e al manifesto del Premio Strega 2023. Sto anche ultimando Melusina, un favola per adulti scritta da Laura Pugno, in collana con il precedente Nome non ha di Loredana Lipperini, sulla figura della sibilla appenninica. Questo secondo volume, di cui sto curando sia le illustrazioni sia la linea grafica, fa parte di una collana di favole contemporanee scritte da differenti autrici, che hanno come protagoniste donne «mostrificate» o tacciate di stregoneria perché non conformi al ruolo sociale imposto dal patriarcato. Devo ringraziare Hacca Edizioni per aver avuto questa meravigliosa idea controcorrente di pubblicare degli albi illustrati per adulti su questo tema. Dopo le Melusine arriveranno forse le Arpie.