Fino al 2 luglio, nel vasto spazio del Centro italiano d’arte contemporanea-Ciac a Foligno, il visitatore si ritrova immerso in una sorta di nebbia nella quale potrà scorgere luci enigmatiche immaginando che siano stelle, lucciole o chissà cos’altro. Pur approssimativa, se l’immagine in qualche modo vi evoca il tipo d’esperienza delle luci nel buio nella tappa finale della «Storia della Notte e Destino delle Comete», allestita da Gian Maria Tosatti nel Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2022, siete sulla buona strada. L’artista, nato a Roma nel 1980, è l’autore unico dell’intervento «Spazio #09-Mi ricordo», concepito per il Ciac nella mostra curata dal direttore artistico Italo Tomassoni, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno che possiede il centro.
Che cosa si vedrà? Tosatti premette che «l’opera del Ciac fa parte di un ciclo di lavori iniziato diversi anni fa», referendosi a «Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta» avviato nel 2009. «Sono riflessioni molto intime sull’essere. A volte muovono da dettagli molto precisi, da tracce definite, altre volte hanno a che fare con sentimenti a cui è difficile dare una forma, prosegue l’artista. Nell’episodio precedente, «Spazio#7», che ho concepito per Casa Testori nel 2014, tutto stava nel dialogo tra la luce filtrata dalle tapparelle e la luce di un televisore che arrivava filtrata da un’altra stanza attraverso una porta a vetri. Anche qui, in realtà, l’opera è impalpabile, è un percorso senza dimensioni nella nebbia.
È qualcosa che abbiamo provato tutti qualche volta. Nella realtà o nella nostra testa. Si entra in un luogo pervaso dalla nebbia. Non si vede nulla. Solo alcune luci che non sappiamo decifrare. Sono stelle? Sono lampadine elettriche? È una città celeste che ci osserva da un cielo che si è avvicinato fin troppo? Sono spiriti che vengono a parlarci, a guidarci? Forse non è poi nemmeno tanto importante darsi una risposta, ma stare lì, in quella domanda, o meglio ancora, in quella sensazione. A questo servono le opere ambientali. A stare dentro qualcosa. E così è anche stavolta. In uno spazio evanescente, anti narrativo».
Come spiega la nota stampa, il titolo rimanda all’infanzia quando «la percezione della realtà fisica e di quella interiore, talvolta, coincidono e si sovrappongono, creando una poetica confusione». Servizi e catalogo a cura di Maggioli Cultura.