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La mostra alla Galleria M77 omaggia l’artista romano con opere dalle tecniche più diverse che ne rappresentano l’intera ricerca
- Ada Masoero
- 07 febbraio 2023
- 00’minuti di lettura


Una veduta della mostra di Tano Festa alla Galleria M77. Foto: Lorenzo Palmieri
Tano Festa a tutto tondo
La mostra alla Galleria M77 omaggia l’artista romano con opere dalle tecniche più diverse che ne rappresentano l’intera ricerca
- Ada Masoero
- 07 febbraio 2023
- 00’minuti di lettura
Con le sue cento opere, tutte importanti e viste assai raramente, scelte dalla curatrice Francesca Alfano Miglietti nelle collezioni Olnick Spanu di New York e Jacorossi di Roma o in gallerie come Il Ponte di Firenze, La Nica e Marchetti di Roma, la mostra «Tano Festa: un artista originario», in corso fino al 18 marzo nella galleria M77 di Milano, è un’occasione da non perdere per conoscere una figura, e una stagione, centrali nell’arte italiana del dopoguerra.
La mostra rilegge infatti con quadri, disegni e opere dalle tecniche più diverse (sovrapposizioni, collage fotografici, porte, le celebri finestre e le persiane, e poi armadi, specchi, pianoforti, obelischi...) il percorso creativo di Tano Festa (Roma, 1938-1988) dal 1960 al 1987, dando conto della molteplicità dei linguaggi di questo artista.
Quest’ultimo, nella sua stagione più conosciuta, metteva in atto una pratica sofisticata di appropriazione della nostra più alta tradizione artistica («l’arte è plagio», diceva) o ricreava falsi oggetti del quotidiano.
Lui che in quegli anni ’60 fece parte, con Schifano, Angeli, Fioroni e altri, della cosiddetta «Scuola di Piazza del Popolo», diceva di sé: «io appartengo a quella che fu, a torto, definita “pop art” italiana. Ora, quello che noi facevamo era popolare, non pop. Gli americani [lo] erano, perché raffiguravano oggetti di consumo veri e propri come simboli artistici da cui trarre l’ispirazione. Noi siamo stati “popular” perché siamo riusciti a consumare l’arte stessa con le citazioni e le estrapolazioni, come quelle fatte da me sui frammenti michelangioleschi del “Giudizio Universale”».
Quella, del resto, non è stata che la tappa più nota del suo percorso, che lo ha visto invece impegnato su fronti diversi, dai primi monocromi (1960), spesso rossi, solcati da strisce di carta imbevuta di colore liquido, agli omaggi (cifrati) degli anni ’70 a maestri dell’800, a quelli dedicati all’amato de Chirico, fino ai «coriandoli» degli anni ’80 e alle opere figurative in cui evoca Munch, Bacon e Matisse.

Una veduta della mostra di Tano Festa alla Galleria M77. Foto: Lorenzo Palmieri