Soap Culture, Venezia

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Soap Culture, Venezia

Soap Culture, bolle di sapone nella Laguna di Venezia

Prosegue fino al 15 giugno la mostra collettiva ispirata al sapone, il primo appuntamento del nuovo spazio fondato dai Murmur a Palazzo Zon: una piattaforma di ricerca multidisciplinare volta a creare nuovi linguaggi che abbraccino i vari ambiti della creatività contemporanea

Nuovi intrecci culturali e multidisciplinari prendono forma nella città lagunare, antico crocevia tra Oriente e Occidente, e si condensano in una bolla. Si chiama Soap Culture, è il nuovo spazio nel Palazzo Zon inaugurato lo scorso 18 aprile da Murumur, il duo composto dal profumiere francese Barnabé Fillion e dall’artista Sofia Elias. Una piattaforma di ricerca multisensoriale volta a creare nuovi linguaggi che abbraccino i vari ambiti della creatività contemporanea: «Un parco giochi multimediale, emerso da conversazioni tra amici. Una sfera per artisti e passanti, con le loro storie personali, ricordi e fissazioni», spiegano i fondatori. Il filo conduttore scelto è quello del sapone, metafora di nuovi immaginari, sottoculture, intersezioni tra natura e cultura esplorati, di volta in volta attraverso progetti, mostre, performance e incontri che si susseguiranno nel tempo.

Un’opera di Miroslaw Balka

Il primo appuntamento è con la mostra collettiva «Lavati la bocca con il sapone», visibile fino al 15 giugno con opere di Manuel Alvarez Bravo, Miroslaw Balka, Etienne Chambaud, Phil Collins, Mimosa Echard, Dominique Gonzalez-Foerster, Mona Hatoum, Thembinkosi Hlatswayo, Thomas Mailaender, Murmur, Gabriel Orozco, Max Piva, Teodoro Teadora, Wolfgang Tillmans, Rare Books, Namacheko, e Lowjack. «Esplorando con materiali, formule di pensieri e pensieri di formule, la prima mostra collettiva di Soap Culture si immerge in varie prospettive sulla cultura del sapone, presentando opere multidisciplinari come installazioni, performance visive e sonore, che invitano a riflettere sulla natura trasformativa del sapone. “Lavati la bocca con il sapone” è un’espressione figurativa utilizzata per rimporverare qualcuno che ha detto qualcosa di inappropriato od offensivo. Nel nostro presente tale espressione può aiutarci a contrastare le manifestazioni di odio e conflitto e a evocare un approccio positivo per riformulare le nostre parole. Qual è la formula dietro ai nostri pensieri?», spiegano i Murmur. 

Un’opera di Wolfgang Tillmans

Tra i lavori esposti un’installazione ambientale di Murmur composta da una geometrica, rigorosa, alchemica ed essenziale scaffalatura che contiene suoni, saponi e fragranze che innescano nel visitatore un’esperienza sinestetica capace di dilatare la percezione a spazi e ricordi lontani. Nel dipinto di Dexter Dalwood, artista inglese di stanza a Città del Messico, classe 1964, invece, una vasca colma d’acqua in un moderno appartamento con vista su una qualche metropoli contemporanea, rappresenta un luogo di sospensione, di riflessione e di ritorno a se stessi, una dimensione evocata inoltre dalla calda luce solare che permea dalla finestra. A coinvolgere vista e olfatto è anche la scultura di Miroslaw Balka (1958), tra i più rilevanti artisti polacchi contemporanei. L’opera da lui proposta è un’esile colonna composta da resti di saponette usate e colorate che creano un vivace dinamismo astratto. «Tratto l’opera che sto creando come un processo di scambio tra me stesso e gli altri», spiega l’artista. Più rarefatte sono invece le astrazioni di uno dei più celebri fotografi tedeschi, Wolfgang Tillmans, che in varie serie esplora la natura della luce e del colore. L’immagine selezionata per la mostra riproduce macchie di colore che l’artista definisce «quasi al confine tra il qualcosa e il niente», esercizi di astrazione sospesi tra fotografia e illusione. Legata alle rivendicazioni sociali è invece la fotografia di Manuel Alvarez Bravo, tra i più importanti esponenti dell’arte latino americana del XX secolo, stimato da Tina Modotti e Diego Rivera. La fotografia in bianco e nero di una donna circondata da panni stesi mossi dal vento diventa una spontanea immagine di libertà, permeata da una dimensione lirica e popolare.

Un’opera di Manuel Alvarez Bravo

La bolla di sapone non è una dimensione effimera, ma uno stato transitorio della materia. La membrana iridescente che ne costiuisce la superficie diventa qui la lente attraverso cui guardare il mondo per agganciare nuove prospettive. Le bolle di sapone inoltre, più sono piccole, più tendono ad aggregarsi in strutture fitte, resistenti e complesse, simili a un prisma che filtra e scompone la luce dando spazio a nuove visioni e a nuove verità. «L’essenza di Soap Culture a Venezia assomiglia a una bolla di sapone: un’entità transitoria che racchiude cambiamenti. Soap Culture è un’associazione di nuova fondazione che agisce come motore di molteplici attività e progetti destinati al futuro», aggiungono Murmur. Una metafora di rinnovamento e rigenerazione, in fondo, come dice un antico proverbio popolare, «il sapone è per il corpo quello che le lacrime sono per l’anima».

Jenny Dogliani, 16 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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