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Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliCastel Sant’Angelo compie cento anni. La storia del Mausoleo di Adriano è, come è noto, millenaria, ma è solo nel 1925 che il Castello, entrato nel demanio dello Stato italiano nel 1870 come carcere militare e caserma, diventa sede museale. La mostra «Castel Sant’Angelo. L’alba di un museo», che apre al pubblico martedì 23 settembre (fino al 15 febbraio 2026) celebra questa importante ricorrenza. Dipinti, sculture, rilievi, armi, acquerelli, stampe, raccontano la nascita del nuovo museo, come ci anticipa Luca Mercuri, direttore ad interim dell’istituto autonomo Pantheon e Castel Sant’Angelo-Direzione Musei nazionali della città di Roma (creato nel 2024). Un’autonomia che ha consentito, spiega Mercuri, una maggiore agilità operativa e gestionale e che, nel prossimo futuro, porterà all’apertura al Pantheon degli sconosciuti spazi della cosiddetta Basilica di Nettuno.
1925-2025: come raccontare questi cento anni del museo di Castel Sant’Angelo?
Il 2025 rappresenta per Castel Sant’Angelo un anniversario di grande rilievo: ricorrono infatti i cento anni dalla sua trasformazione in Museo Nazionale, sancita dal Regio Decreto del 4 maggio 1925. È una tappa fondamentale nella lunga storia di questo edificio straordinario, nato come mausoleo imperiale, divenuto poi fortificazione, residenza papale, prigione e, in epoca post-unitaria, destinato all’uso militare. La nascita del museo segna il momento in cui il monumento viene restituito a una dimensione prettamente culturale: una istituzione pubblica che, da allora come ancora oggi, si impegna a valorizzare l’edificio e le collezioni che custodisce, rivolgendosi a tutti i pubblici, nazionali e internazionali.
La mostra intende celebrare questo centenario ripercorrendo idealmente le origini del Museo Nazionale, che affondano le radici in un altro grande evento: l’Esposizione del 1911, organizzata per il cinquantenario dell’Unità d’Italia. In quell’occasione, Castel Sant’Angelo fu scelto come sede di una grande retrospettiva sull’arte italiana, dalle origini al presente, attraversando epoche e linguaggi. Una mostra modernissima ed eclettica, che univa reperti archeologici, pitture, sculture, arti decorative, ricostruzioni ambientali scenografiche e sezioni tematiche dedicate agli artisti, ai materiali, alle tecniche e che, attraverso questo ampio racconto visivo, contribuiva a consolidare una memoria condivisa e collettiva in un paese ancora anagraficamente giovane.
L’esposizione del 1911 contribuì a strutturare un primo nucleo museale all’interno del Castello e rappresentò il vero punto di partenza per la nascita del Museo Nazionale. È a partire da questa consapevolezza che abbiamo pensato la mostra attuale: un omaggio alla mostra del 1911, le cui sezioni vengono oggi rievocate attraverso una selezione di opere che ne richiamano lo spirito. L’esposizione è arricchita da fotografie d’epoca e materiali che illustrano la complessità e l’ambizione del progetto originario.
Molte delle opere esposte nel 1911 furono successivamente redistribuite in altri importanti musei romani (che proprio in quegli anni andavano definendo le proprie collezioni) o in altri musei italiani. Altre invece rimasero a Castel Sant’Angelo, andando a costituire il nucleo iniziale delle collezioni permanenti. La mostra rappresenta dunque un’opportunità per valorizzare i depositi del Castello, restituendo al pubblico opere mai o raramente esposte e restaurate per l’occasione, e per riportare temporaneamente a Castel Sant’Angelo, grazie alla generosità di prestiti da altre istituzioni, opere che proprio qui ebbero, nel 1911, un ruolo centrale. È anche un momento di riscoperta e di studio di materiali che raccontano una fase fondamentale della storia del museo.
Fra le numerose opere esposte nel 1911 e ora qui riallestite, quali sono i pezzi più significativi?
Sono davvero molti. La mostra si ispira liberamente allo spirito eclettico e sperimentale dell’esposizione del 1911, rievocandone suggestioni, temi e atmosfere attraverso un allestimento contemporaneo. Alcune sezioni di allora rivivono oggi in forme nuove, grazie a restauri, prestiti e alla valorizzazione di opere conservate nei depositi.
Si comincia con gli acquerelli di Ettore Roesler Franz, provenienti dal Museo di Roma: vedute raffinate che documentano la Roma che stava sparendo sotto le trasformazioni urbanistiche richieste dal suo nuovo ruolo di Capitale. Poi spicca lo straordinario dipinto di Umberto Prencipe con veduta di Roma nel Quattrocento, dal Museo Boncompagni Ludovisi, concepito proprio per la mostra del 1911: le sue dimensioni monumentali, il chiarore dell’alba che sta per sorgere, il respiro della composizione hanno ispirato il titolo della mostra odierna, «L’alba di un museo».
Dalla collezione Gorga, anch’essa protagonista della mostra del 1911, emergono certamente i celebri strumenti musicali ma anche, ad esempio, oggetti archeologici come una suggestiva stele tardoantica raffigurante un pretoriano. Quest’ultima, insieme alle eccezionali lastre romaniche scolpite, restaurate per l’occasione e restituite dai depositi del Museo delle Civiltà, omaggia la sezione dedicata nel 1911 alla lavorazione del marmo. Notevole è la scultura in gesso colorato di Giovanni Prini, con l’incontro tra il pontefice Eugenio IV e il castellano Antonio da Rido, appartenente alla sezione dedicata nel 1911 al racconto dei costumi e degli abiti storici.
Spicca poi l’«Elia nel deserto» dalla Galleria degli Uffizi, opera di Daniele da Volterra, allievo di Michelangelo, che rende omaggio alla sezione «michelangiolesca» del 1911. Dalla Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini proviene la «Veduta del Tevere a Castel Sant’Angelo» di Luigi Vanvitelli, immagine storica che lega il monumento al suo paesaggio urbano, mentre dall’Accademia di San Luca arriva una scultura in terracotta del Giambologna, allegoria di fiume, testimonianza del collezionismo accademico romano.
Una sezione specifica è dedicata a Bartolomeo Pinelli, artista che nella Roma dell’Ottocento seppe rappresentare con straordinaria forza visiva i mestieri popolari e le scene di vita quotidiana: le opere esposte si inseriscono in un filone che, nella mostra del 1911, intendeva valorizzare le espressioni dell’arte e della tradizione popolare, documentando il volto più autentico della città.
Un grande spazio è dedicato alle armi e armature storiche, in dialogo ideale con la sezione «uomini in arme» del 1911. Accanto a prestiti prestigiosi, come due celate provenienti dal Museo Nazionale del Bargello, si segnalano numerose opere restaurate per l’occasione dai depositi del Castello: tra queste, una straordinaria armatura medicea della seconda metà del XVI secolo. L’allestimento restituisce con efficacia la forza espressiva di questi oggetti, che dialogano idealmente con il ritratto di Alfonso I d’Este come condottiero, di Battista Dossi, proveniente dalla Galleria Estense di Modena.
Una sezione importante è dedicata a Giovan Battista Piranesi. Le celebri «Carceri d’invenzione», realizzate come metafora delle prigioni dell’anima, trovano idealmente ispirazione proprio nelle prigioni storiche di Castel Sant’Angelo. Le stampe, tirate appositamente dalla Regia Calcografia per la mostra del 1911, sono oggi esposte in un allestimento che ne sottolinea il legame con la funzione carceraria del monumento, affiancate da oggetti che ne evocano questa storia.
Il percorso prosegue con una sezione archeologica, dove incisioni di Piranesi dedicate ai monumenti antichi (tra cui Castel Sant’Angelo) anch’esse stampate per la mostra del 1911 e conservate nei depositi del Museo, ma mai esposte negli ultimi decenni, dialogano con reperti antichi. Tra questi, materiali archeologici dello stesso Castel Sant’Angelo: spiccano le puntazze con tracce di legno carbonizzato ritrovate presso Ponte Sant’Angelo, resti degli antichi pali di fondazione ancora perfettamente leggibili, e alcuni bipedali in marmo bollati provenienti dal Mausoleo.
La mostra si conclude nella magnifica Sala di Apollo, dove è stato riposizionato il grande plastico di Castel Sant’Angelo realizzato nel 1911, che osserva idealmente i busti marmorei di Adriano e Antonino Pio, legati alla fondazione e alla storia del Mausoleo. In un vano laterale, come un controcanto intimo, trova spazio l’angelo in legno dorato del Bracci, scelto come immagine simbolo dell’allestimento.

Una veduta della mostra con le «Carceri» di Giovan Battista Piranesi
Le foto d’epoca aiuteranno il pubblico non solo a ricostruire l’atmosfera del tempo, ma anche a immaginare le tante trasformazioni che, nei secoli, il Castello ha attraversato.
Le fotografie d’epoca svolgono un ruolo centrale nella mostra, offrendo al pubblico la possibilità di immergersi nell’atmosfera dell’Esposizione del 1911 allestita a Castel Sant’Angelo.
Alcune immagini storiche sono presentate in teca come preziosi documenti originali, capaci di restituire lo sguardo del tempo su quell’evento straordinario. Altre fotografie, riprodotte in grande formato lungo il percorso espositivo, creano un’esperienza immersiva: mettono in dialogo oggetti presenti nella mostra del 1911 con quelli oggi nuovamente esposti. Tra queste, spicca l’immagine monumentale dell’inaugurazione, che restituisce l’atmosfera istituzionale e festosa della giornata, alla presenza dei sovrani.
Accanto alla narrazione dell’Esposizione, le fotografie permettono di scoprire com’era allora Castel Sant’Angelo, trasformato per l’occasione da ricostruzioni scenografiche e ambientazioni storiche che ne ridefinivano radicalmente gli interni. All’esterno, il Castello era circondato da una serie di edifici e padiglioni non più esistenti, sostituiti dal parco che oggi lo circonda.
Le fotografie dialogano anche con altri materiali originali del 1911: il manifesto storico della mostra, esposto in originale, la guida originale dell’Esposizione, ma anche una sua copia anastatica sfogliabile, che il pubblico può liberamente consultare. La presenza, infine, della guida contemporanea della mostra attuale suggerisce un gioco di rimandi tra passato e presente, tra memoria e attualità dell’allestimento.
Con la creazione, nel 2024, del nuovo istituto autonomo «Pantheon e Castel Sant’Angelo-Direzione Musei nazionali della città di Roma», il MiC ha inteso valorizzare due monumenti simbolo della città. Che cosa c’è nel futuro di questo nuovo polo museale?
L’ultima riforma del Ministero della Cultura ha dato vita a un nuovo istituto autonomo, che riunisce due monumenti simbolo della capitale e del nostro Paese: Castel Sant’Angelo e il Pantheon. Dotato di autonomia speciale, il nuovo istituto può così contare su una maggiore agilità operativa e gestionale, che lo rende capace di rispondere in modo ancora più tempestivo e mirato alle esigenze dei pubblici contemporanei, in continua trasformazione.
Non si tratta soltanto dell’unione tra due dei siti più visitati d’Italia: Castel Sant’Angelo e il Pantheon condividono anche un legame storico profondo, essendo entrambi legati alla figura dell’imperatore Adriano. Insieme a questi due monumenti iconici, il nuovo istituto comprende altri luoghi della cultura, meno noti al grande pubblico, ma non certo meno significativi, come le case museo Mario Praz, Hendrik Christian Andersen e Boncompagni Ludovisi, il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali e, a breve, anche Casa Pasolini.
La visione che guida l’azione dell’Istituto è quella di un museo diffuso, capace di articolare proposte culturali diversificate per pubblici differenti e di farsi promotore, rispecchiando anche la sensibilità più volte espressa dal ministro della Cultura Alessandro Giuli, di un’idea di patrimonio culturale come bene condiviso.
Un patrimonio che sia partecipato, accessibile, in grado di coniugare l’attenzione ai grandi attrattori con la valorizzazione di luoghi meno noti, ma non per questo meno significativi per la memoria collettiva e il tessuto culturale della città.
La missione dell’istituto si muove lungo questa linea: un’istituzione viva e dinamica, impegnata nella produzione culturale, nell’innovazione dell’offerta, nella cura degli spazi e nella loro riqualificazione. Accanto a mostre temporanee e nuovi allestimenti, trovano spazio rassegne musicali e teatrali, progetti educativi e collaborazioni con il territorio.
A Castel Sant’Angelo, la recente riapertura del Passetto di Borgo (fine 2024) e l’apertura per la prima volta al pubblico dell’appartamento del Castellano rappresentano un’intensa attività di recupero e valorizzazione. Al Pantheon, la prossima inaugurazione e apertura al pubblico degli straordinari e sconosciuti spazi della cosiddetta Basilica di Nettuno permetterà di ampliare ulteriormente il racconto storico e archeologico del complesso.
Questo percorso di crescita è reso possibile grazie all’impegno di tutto il personale dell’istituto e al supporto costante della Direzione generale Musei, che accompagna con convinzione questa sfida di innovazione e responsabilità culturale.

Luca Mercuri