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Allo Spacejunk più di mille opere di Shepard Fairey: è la maggior retrospettiva di sempre
- Luana De Micco
- 28 aprile 2023
- 00’minuti di lettura


«Hope» (2008), di Obey (particolare). © Shepard Fairey
Obey è disobbediente
Allo Spacejunk più di mille opere di Shepard Fairey: è la maggior retrospettiva di sempre
- Luana De Micco
- 28 aprile 2023
- 00’minuti di lettura
Luana De Micco
Leggi i suoi articoliViene presentata come la più grande retrospettiva mai organizzata su Shepard Fairey, nome d’arte Obey: più di mille opere, oltre che filmati, oggetti e documenti, sono allestite in «1001 Reasons to (dis)OBEY», mostra organizzata in collaborazione con il centro d’arte Spacejunk, fino al 9 luglio. Insieme a Banksy, Shepard Fairey è uno dei maggiori rappresentanti della Street art.
Nato a Charleston 53 anni fa, ha realizzato i suoi primi sticker nel 1989 quando, studente di design, ha inventato la campagna «André the Giant has a Posse», con il volto del noto wrestler francese, tappezzando le strade di Providence. L’opera che gli ha dato fama mondiale, nel 2008, è «Hope», l’iconico ritratto in quadricromia dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama (entrato nella collezione della National Portrait Gallery di Washington).
Fairey viene dall’universo punkrock e dello skateboard. Negli anni ’80 sceglie la tecnica dello stencil, «una novità all’epoca in cui la Street art si esprimeva soprattutto tramiti i graffiti, ha spiegato il curatore della mostra Jérôme Catz, direttore artistico dello Street Art Fest Grenoble-Alpes. Fairey si ispira a Warhol nel lavoro sui multipli e la serigrafia e a Keith Haring e ai suoi pop up store».
La mostra ripercorre la carriera dell’artista, dai primi sticker alle serigrafie di grande formato, dalle installazioni in metallo e legno alle recenti, rare, tele. Si occupa della passione di Fairey per la musica, a cui è dedicata tra l’altro la nota serie «The Beatles Set» (1996-97), e del suo impegno politico e sociale, con uno dei primi poster, del 1989, «Stop Racism», o ancora la serie «Islam Print» (1998), con le figure centrali, reali e no, del movimento Black Panther.

«Hope» (2008), di Obey (particolare). © Shepard Fairey