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Magico MA*GA

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Il MA*GA (Museo d’arte moderna e contemporanea di Gallarate) compie cinquant’anni e li festeggia con la mostra «Ritmo sopra a tutto», aperta sino al 5 febbraio. La rassegna ripercorre mezzo secolo di arte contemporanea, dal Mac (Movimento Arte Concreta) a oggi, attraverso lo sguardo «laterale», dunque diverso e originale, del poeta gallaratese Franco Buffoni qui nel ruolo di curatore. Quando nel 1966 si aprì, in un appartamento di 170 metri quadrati affittato dal Comune, il museo si chiamava Gam-Galleria d’arte moderna.

Si sarebbe poi ampliato in una seconda sede e infine in quella attuale, ma da subito avrebbe puntato a dotare la città di un’istituzione di alto livello culturale, in costante aggiornamento. Il suo ideatore e primo direttore (a titolo gratuito), l’artista Silvio Zanella, aveva voluto valorizzare la collezione nata dalle prime sette edizioni del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, istituito nel 1949. Al debutto, il piccolo museo possedeva 124 opere tra dipinti, sculture, disegni e stampe (la prima sezione della mostra lo ricostruisce esattamente com’era allora).

Ora, nella nuova sede di 5mila metri quadrati, inaugurata nel 2010, può far conto su oltre 6mila opere (molte commissionate direttamente agli artisti e concepite per lo spazio che le ospita), rappresentative dei più importanti linguaggi artistici del secondo Novecento e del nuovo secolo, da Sironi, Carrà, Fontana e Melotti a Massimo Bartolini, Adrian Paci, Alis/Fillol, Riccardo Arena e molti altri. Ma soprattutto è diventato un attivissimo polo per le arti contemporanee. Ne parliamo con Emma Zanella, direttrice dal 2000 di questo museo, che nel 2013 si è dovuto risollevare da un terribile incendio. 

Da un normale appartamento a un grande, riconosciuto polo per le arti. Com’è stato possibile? 
Credo sia merito da un lato del Premio Gallarate, che da sempre ha avuto tale missione propositiva, dall’altro della visione lungimirante di Silvio Zanella, artista e designer, che ideò un museo di arte contemporanea capace di diventare un arricchimento e un volano per la città e il territorio e che diede continuità tanto al premio quanto al museo. Una svolta significativa si ha negli anni Novanta, quando gli amministratori della città (il sindaco era allora Nicola Mucci) ne sposarono la causa. Dal 1997-98 il personale entrò in ruolo, tutto si sistematizzò e il museo prese corpo.

Lei quando ne ha preso le redini? E quali innovazioni ha portato? 
Ho vinto il concorso nel 2000 e da subito ho puntato sulla creazione di un dipartimento educativo forte e aperto a tutto il territorio, sul sostegno agli artisti attraverso soprattutto la produzione e acquisizione di opere per il museo e sulla costituzione di un polo per le arti contemporanee dell’Alto Milanese. Il Comune di Legnano ci ha assegnato la programmazione culturale del Palazzo Leone da Perego, diventato dal 2015 la nostra seconda sede espositiva, in cui portiamo le opere della collezione, uno specifico programma espositivo, le attività educative e le arti contemporanee.

Quali sono a suo parere, oggi, le criticità del museo? 
La più seria, che è di tutte le fondazioni non  profit a pubblica partecipazione, è legata alla governance: la grande autonomia del museo spesso si traduce in una grande fragilità economica. Dipendiamo, infatti, totalmente dagli enti fondatori: la città di Gallarate (che oggi copre il 90 per cento delle spese ordinarie), il Mibact e la Regione Lombardia (che contribuisce ai progetti). Il che ci rende vulnerabili perché i finanziamenti sono soggetti a contrazioni, dovute oltre che all’evidente crisi economica anche al cambio d’indirizzi politici.

Ada Masoero, 17 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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