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Cardi Gallery omaggia uno dei più interessanti artisti italiani del Novecento, apprezzato dai colleghi e dalla critica per la sua ricerca interdisciplinare
- Ada Masoero
- 24 gennaio 2023
- 00’minuti di lettura


«Zone riflesse» (1963), di Paolo Scheggi. Milano, Collezione Franca e Cosima Scheggi
La poliedricità di Scheggi
Cardi Gallery omaggia uno dei più interessanti artisti italiani del Novecento, apprezzato dai colleghi e dalla critica per la sua ricerca interdisciplinare
- Ada Masoero
- 24 gennaio 2023
- 00’minuti di lettura
Nel 1963, esattamente sessant’anni fa, Palma Bucarelli, potentissima soprintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, acquistava per il suo museo due «Intersuperfici» di Paolo Scheggi (1940-71, fiorentino di nascita, milanese per scelta). Conferiva così all’artista, giovanissimo ma già apprezzato da Lucio Fontana, la patente di autore di livello internazionale, cui avrebbero contributo anche figure come Germano Celant, Gillo Dorfles e altri ancora.
A rievocare quella data-cardine del percorso di Scheggi è Cardi Gallery, che presenta da giovedì 26 gennaio (fino al 15 aprile) la mostra «Paolo Scheggi | Making Spaces», curata da Ilaria Bignotti con l’Associazione Paolo Scheggi, che riunisce oltre 25 opere del decennio che dai primi anni ’60 giunge fino alla sua morte prematura, a 31 anni soltanto.
La mostra si sviluppa come un dialogo tra suoi lavori famosi come le «Intersuperfici» e gli «Inter-ena-cubi» (uno, rosso, è entrato di recente nelle collezioni di Tate Modern Londra, donato da Franca e Cosima Scheggi), lavori monocromi e modulari di cartone o metallo colorato e fustellato, e gli ambienti e i progetti integrati all’architettura, accompagnati da documenti fondamentali per l’elaborazione e la realizzazione delle sue opere, come lettere, schizzi progettuali, disegni e maquette di ambienti.
Scheggi era infatti fortemente coinvolto (anche da teorico) nell’architettura e nel design, in dialogo com’era con Bruno Munari, Nizzoli Associati, Mario Brunati, e impegnato in collaborazioni con riviste quali «Casabella», «Domus» e «In» mentre, da un lato, con Fabbrica Poggi, progettava oggetti di design e dall’altro, tra il 1966 e il 1969, era consulente visuale per concorsi di progettazione urbanistica.
Della sua sensibilità nell’interagire con lo spazio sono prova gli «ambienti», uno dei quali, «Interfiore», 1968, è ricostruito in mostra: un lavoro formato da 85 cerchi fluorescenti di legno sospesi nel buio, con luce di Wood, con cui l’artista accende una relazione spettacolare con lo spazio architettonico.

«Zone riflesse» (1963), di Paolo Scheggi. Milano, Collezione Franca e Cosima Scheggi