Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliUna mostra aperta, dal primo maggio al primo novembre, presso la Keats-Shelley House di Roma, illustra storia e magnificenze della Scalinata di Trinità dei Monti: «The Spanish Steps, Revisited» riunisce progetti architettonici, incisioni di apparati effimeri barocchi, preziosi documenti e opere d’arte contemporanea. Intento dei curatori Luca Caddia e Fulvio Chimento (con Ella Francesca Kilgallon e Carlotta Minarelli) è di radiografare tanto le fasi progettuali dell’opera, lunghe quasi due secoli, culminate nel capolavoro urbanistico di Francesco De Sanctis nel 1723-26, quanto suggerire una continuità sociale, e per taluni visionaria, del monumento nell’oggi. La mostra rivela infatti come il primo a elaborare progetti di interventi architettonici che unissero la Chiesa della Trinità dei Monti, sulla sommità del colle del Pincio, alla sottostante Piazza di Spagna, fu proprio l’architetto della chiesa, nella seconda metà del Cinquecento, Giacomo Della Porta. Seguirono le proposte di Plautilla Bricci ed Elpidio Benedetti, e poi di Alessandro Gaulli (figlio del Baciccia). L’imponente scenografia urbana concepita da Francesco De Sanctis sostituiva infatti sentieri alberati che si inerpicavano sul colle pinciano, con una sequenza di sinuose rampe confluenti, intervallate da piazzole e setti murari concavi e convessi, secondo ritmi e andamenti ispirato al Rococò, ma in scala gigante. La mostra celebra dunque questo gioiello romano, ma anche il suo intrecciarsi con la storia.
Essendo Trinità dei Monti chiesa francese, il pendio sottostante fu spesso prescelto quale scenario di celebrazioni della corona di Francia, come illustrato dal disegno di Gian Lorenzo Bernini con Luigi XIV a cavallo o dalla matrice della stampa raffigurante gli apparati effimeri dedicati alla nascita del Delfino di Francia nel 1662 (dall’Istituto centrale per la grafica), concepiti dallo stesso Bernini e da Joahnn Paul Schor. Un volume illustrato, invece, presenta gli apparati effimeri allestiti per la guarigione di Luigi XIV nel 1687. Un’altra sezione della mostra apre su quella produzione urbana romana coeva alla Scalinata, che con essa tesse sottili relazioni, di forma e di concetto, come nel caso del Porto di Ripetta di Alessandro Specchi e del Bosco Parrasio, progettato sulle pendici del Gianicolo da Antonio Canevari per l’Accademia dell’Arcadia. A dire la propria, con codice contemporaneo, sulla Scalinata più famosa al mondo, sono stati chiamati gli artisti Elena Bellantoni, Cesare Pietroiusti, Alfredo Pirri, Elisabetta Benassi, Stefano Arienti, Jeffrey Dennis, Michele Di Stefano, Cesare T-yong Chung, Margherita Morgantin, Spazio in situ, Patrick Tuttofuoco, Italo Zuffi, oltre agli architetti Roberto Einaudi, Manuel Aires Mateus, Giorgio Pasqualini e Gaia Maria Lombardo. La mostra si avvale peraltro della collaborazione con l’American Academy in Rome e con la British School at Rome, che ha portato al coinvolgimento di artisti e architetti in residenza presso le due accademie: Lex Brown, Giuseppe Grant, Can Gun, Mojan Kavosh, Michelle Chang, Thomas McLucas, Sheila Pepe, Dan Spiegel e Megumi Aihara. Tutto questo nello spirito del poeta John Keats, che nella casa-museo dedicatagli, assieme all’amico Percy Bisshe Shelley, morì, 25enne, nel 1821. Era venuto a Roma per curarsi dalla tubercolosi, ma anche per ammirare le sue grandi bellezze.

Dominique Barrière, «Apparato per la nascita del Delfino di Francia», 1662, incisione inventori Gian Lorenzo Bernini e Johann Paul Schor. Courtesy Ministero della Cultura Istituto Centrale per la Grafica

Italo Zuffi, «Nuova Era», 2025