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Una veduta della mostra «Lo studio sul Colle. Guido Trentini e Angelo Zamboni» a Palazzo della Ragione, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona

© Musei Civici di Verona-Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. Photo: Giovanni Peretti, 2025

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Una veduta della mostra «Lo studio sul Colle. Guido Trentini e Angelo Zamboni» a Palazzo della Ragione, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona

© Musei Civici di Verona-Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. Photo: Giovanni Peretti, 2025

La Verona di Guido Trentini e Angelo Zamboni

Alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti due decenni particolarmente fecondi della produzione artistica locale

Da nord, Vienna e Monaco, e da est, Venezia, giungevano a Verona venti innovativi, recepiti tra fine ’800 e inizio ’900 grazie a una serie di contingenze favorevoli, dall’insegnamento del bolognese Alfredo Savini alla locale Accademia, alla permanenza in città per qualche anno, tra il 1911 e il 1917, di Felice Casorati, al costituirsi di un cenacolo carico di energie nuove intorno alla figura del poeta Lionello Fiumi

L’impatto con le cinque tele sviluppate intorno al soggetto della «Pianta rossa», realizzate dal pittore Guido Trentini (Verona, 1889-1975) tra il 1914 e il 1915, fa respirare la magica atmosfera di questo momento storico. Le cinque tele sono esposte insieme in una rara occasione su una grande parete a fondo oro, poco distanti da quella del padre Attilio da cui il figlio trasse insegnamenti e ispirazione, portandosi su un altro linguaggio, dove le suggestioni di un Simbolismo in chiave espressionista si sono spinte sul fronte dell’astrazione. Sono le opere che aprono la mostra «Lo studio sul colle. Guido Trentini e Angelo Zamboni», a cura di Isabella Brezigar e Patrizia Nuzzo, allestita alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di Palazzo della Ragione di Verona (fino al 25 gennaio 2026) e costruita attorno a due degli artisti più significativi di quel tempo. Una scelta legata alla loro convivenza, per un periodo, in uno studio dal privilegiato affaccio sul romano Ponte Pietra e su uno degli scorci più suggestivi della città, condiviso anche da Fiumi. 

Ma la mostra è motivata anche dall’obiettivo di valorizzare la donazione, avvenuta nel 2015 per volontà di Silvana Trentini e per mano del marito Alessandro Profumo dopo la sua scomparsa, di cinque opere del padre Guido degli anni Trenta, in linea con i richiami e ritorni all’ordine e dalla composizione di matrice classica. Si ripercorrono così due decenni particolarmente fecondi nella produzione artistica locale, costruendo un’affascinante panoramica del periodo che precede quello preso in esame dalla mostra che invece è allestita al Museo di Castelvecchio, «Fascismo, Resistenza, Libertà». La sintesi formale di Trentini, che sarà ospite alla Biennale di Venezia più volte a partire dal 1910 e dove riceverà anche un premio nel 1922, nasce anche grazie al sodalizio con Angelo Zamboni (Verona, 1985-1939), conosciuto proprio in laguna. Zamboni è «capace di tradurre in pittura la poesia di Fiumi, puntando a raggiungere un’essenza sublimata del vero», secondo le parole di Patrizia Nuzzo che dalla sintesi e dalla ispirazione tratta dalla pittura di Gino Rossi e Pio Semeghini, arriva a definire negli anni Trenta un linguaggio lirico, una sintesi costruita attraverso piccole pennellate incrociate, fatta di armonie cromatiche sviluppate su delicati passaggi di toni.

Angelo Zamboni, «Colline veronesi», 1920. Musei Civici di Verona-Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. Photo: GardaPhoto Salò, 2020

Camilla Bertoni, 26 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

La Verona di Guido Trentini e Angelo Zamboni | Camilla Bertoni

La Verona di Guido Trentini e Angelo Zamboni | Camilla Bertoni