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Massimiliano Cesari
Leggi i suoi articoliNata nel 2018 da un generoso atto di mecenatismo di Luigi Biscozzi (1934-2018), salentino d’origine, la Fondazione Biscozzi | Rimbaud è un gesto d’amore alla città di Lecce, che aveva accolto e formato durante i suoi anni giovanili il noto fiscalista. Successivamente, Luigi Biscozzi si trasferì a Milano dove conseguì la laurea all’Università Bocconi, specializzandosi nel settore contabile-fiscale e diventando uno dei maggiori riferimenti nazionali e internazionali in tale ambito.
La Fondazione nasce dalla raccolta d’arte contemporanea che Luigi e la moglie Dominique Rimbaud (oggi Presidente), hanno iniziato a formare dalla fine degli anni Sessanta. Una storia narrata dallo stesso fondatore nell’introduzione al catalogo della collezione, dove spiega come tutto sia nato dal caso, con l’acquisto fortuito nel 1969 di due litografie, una di Vespignani e l’altra di Attardi. Da lì prese avvio la curiosità, alla quale hanno fatto seguito l’interesse, l’approfondimento e infine la passione.
«I primi acquisti importanti, racconta Dominique, risalgono agli anni ’80, ma l’idea di collezione, come corpus organizzato e focalizzato su un arco temporale limitato e su determinati movimenti, è degli anni ’90». Passione e competenza che prendono forma grazie alle opere presenti nello spazio architettonico: una palazzina collocata in una piazzetta nel centro storico della città, recuperata e rifunzionalizzata dallo studio Arrigoni Architetti di Viareggio.
La collezione racconta non solo l’amore per l’arte, ma anche una vita intera, i viaggi, le connessioni culturali che hanno permesso di formare un corpus composto da più di duecento opere tra dipinti, sculture e grafiche di artisti del Novecento italiano e internazionale (con speciale riferimento al periodo dal 1950 al 1980), tra i quali: Filippo de Pisis, Arturo Martini, Enrico Prampolini, Josef Albers, Alberto Magnelli, Luigi Veronesi, Fausto Melotti, Alberto Burri, Piero Dorazio, Renato Birolli, Tancredi, Emilio Scanavino, Pietro Consagra, Kengiro Azuma, Dadamaino, Agostino Bonalumi, Angelo Savelli, Mario Schifano; tra questi anche alcuni nomi significativi del territorio, come Salvatore Sava, Michele Guido, Vittorio Matino e Salvatore Esposito.
La Fondazione, spiega la Presidente, «come da statuto, è un istituto filantropico, a scopo principalmente didattico, strumento di conoscenza ed educazione pubblica. Non è soltanto un luogo di esposizione, ma, soprattutto, un centro di elaborazione per tutte le arti e di formazione per gli studenti delle scuole, dell’accademia e dell’università. Desideriamo incrementare l’offerta culturale della città, per la collettività, instaurando proficue relazioni con le realtà del territorio, a partire dal Comune».
Una mission evidente nelle numerose attività didattiche, seminariali e divulgative organizzate in autonomia o con altre istituzioni pubbliche e associazioni del terzo settore, destinate a un pubblico variegato, che la rendono un laboratorio culturale vivo, radicato nel tessuto sociale della città. Un servizio pubblico evidente anche nella fruizione della biblioteca dedicata all’arte contemporanea. Un punto focale dell’azione della Fondazione sono le mostre temporanee che, a partire dal 2021, arricchiscono l’esperienza dei visitatori.
L’ultima, ancora in corso, è la mostra «Pino Musi. Polyphōnia», a cura di Stefania Zuliani (fino al 6 gennaio 2026; catalogo Cimorelli Editore). Una mostra composta da 51 fotografie e un film di 25 minuti, realizzato ad hoc, che restituiscono la poetica dell’artista (Salerno, 1958), caratterizzata da un uso geometrico della luce che analizza i pieni e i vuoti delle architetture delle periferie urbane.
Spiega la curatrice: «Musi costruisce le sue visioni di architetture, di paesaggi, di pagine antiche e di volti, sempre con la stessa urgenza, quella di mostrare non ciò che gli occhi vedono, ma ciò che lo sguardo distingue, quella forma stabile ma non immota che diventa immagine, una scrittura di luce, che, inevitabilmente, ci riguarda, ci guarda e ci coinvolge».
Da sinistra, opere di Bepi Romagnoni e Umberto Milani. © Bruno Bani Courtesy Fondazione Biscozzi | Rimbaud