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Impressionismo e ’900 nel Museo Civico di Santa Caterina
- Lidia Panzeri
- 20 ottobre 2016
- 00’minuti di lettura


Il ritorno di Goldin
Impressionismo e ’900 nel Museo Civico di Santa Caterina
- Lidia Panzeri
- 20 ottobre 2016
- 00’minuti di lettura
Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoli«Storie dell’Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin» è il titolo della mostra che segna il ritorno di Marco Goldin a Treviso, città dalla quale era iniziata, quasi vent’anni fa, la sua ascesa.
Dal 29 ottobre al 17 aprile 2017 il Museo Civico di Santa Caterina ospita 147 opere: il prestito più consistente dall’Art Institute of Chicago; maestro di riferimento Paul Cézanne. Si tratta di una rivisitazione dell’Impressionismo che Goldin propone in sei stazioni, secondo una sua personale, più o meno motivata interpretazione critica. A cominciare da quello che considera il precedente: l’evoluzione del ritratto da Ingres a Renoir, passando per l’evidenza corporea di Diego Martelli, effigiato da Edgar Degas. In questa prima sezione, «Lo sguardo e il silenzio», a prevalere è il primo piano o il mezzo busto, su uno sfondo quasi sempre neutro.
Tutt’altro respiro, invece, hanno le figure che gli impressionisti collocano in uno spazio aperto (giardino, campo di grano o spiaggia che sia), come chiarisce la seconda sezione «Figure sotto il cielo» con dipinti di Manet, Renoir o Van Gogh. Si pone in apparente contraddizione «La posa delle cose», ovvero il terzo capitolo delle nature morte, condiviso, specie negli anni Sessanta del XIX secolo, da Cézanne, Manet e Fantin-Latour.
Segue «Un nuovo desiderio di natura» non più sublimata, ma colta nel suo transeunte manifestarsi tanto nei suoi paesaggi naturali quanto nello sferragliare di un treno, nuovo simbolo della modernità, con il precedente costituito da «La grande onda» di Hokusai. Sono gli anni cruciali del movimento, quelli del teorizzato en plein air. La svolta viene da chi meno te lo aspetti: Monet, che verso gli anni Ottanta dell’Ottocento inizia il quadro all’aperto ma lo completa nel suo studio, concentrandosi su un processo di dissoluzione della forma che trova il suo apice nelle ninfee, ma ha la sua premessa nei «Covoni, effetto di neve» del 1891. Cézanne, invece, la forma la costruisce nella sua geometrica interpretazione del paesaggio, che conclude l’Impressionismo e prelude alla rivoluzione cubista.
Contemporaneamente è allestita anche una piccola mostra-dossier, composta da tre sole opere: «Venere che sorge dal mare» di Tiziano, «Banchetto di Erode» di Rubens e «Una donna nel letto» di Rembrandt, provenienti dalla Scottish National Gallery di Edimburgo.
Infine, nella stessa sede e con le stesse date, è visitabile «Da Guttuso a Vedova a Schifano. Il filo della pittura in Italia nel secondo Novecento», una sintesi della pittura figurativa italiana del Novecento dal 1945 al 2000, ossia 55 anni scanditi ciascuno dall’opera esemplare di un autore.
Per una rassegna più vicina al gusto del curatore occorre spostarsi a Palazzo Giacomelli, dove la mostra «De Pictura» riunisce le opere di 12 pittori, tra i quali Piero Ruggeri, Mario Raciti, e Gianfranco Ferroni, affiancati da una personale di Vincenzo Nucci.