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Il profeta Sant’Elia

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

A cento anni dalla morte al fronte nella prima guerra mondiale, la Triennale di Milano e la Pinacoteca Civica di Como celebrano l’autore del «Manifesto dell’Architettura Futurista» (1914), con due mostre, entrambe aperte sino all’8 gennaio. A Milano «Antonio Sant’Elia (1888-1916). Il futuro delle città», curata da Alessandra Coppa, Maria Mimmo e Valentina Minosi, e a Como «Antonio Sant’Elia. All’origine del progetto», sorta di introduzione al percorso dell’architetto comasco. Geniale e dotato di uno sguardo profetico sul futuro, tanto da prefigurare forme architettoniche e urbanistiche solo ora realizzate (da architetti come Renzo Piano, MVRDV, Steven Holl, Vincent Callebaut, MAD o BIG), Sant’Elia immaginò la «Città Nuova» come un organismo formato da più moduli, nel quale le connessioni (ponti, passerelle, passaggi coperti, tapis roulant, ascensori) rivestono l’identica importanza degli edifici.

«Quella immaginata da Sant’Elia, spiega Alessandra Coppa, è una città delle reti, interconnessa. E il celebre progetto per la Stazione Centrale pubblicato sul “Manifesto dell’Architettura Futurista” prevede una struttura multimodale, pensata sì per i treni, ma anche per gli aerei». La «Città Nuova» di Sant’Elia poi «Città Futurista», è una città «elettrica», innervata da fili che mettono in moto i veicoli e illuminano strade e scritte pubblicitarie, nella quale pedoni, auto e tram si muovono su piani stradali diversi e i grandi casamenti, al pari dei diversi livelli stradali, sono collegati da ascensori a sbalzo, esterni agli edifici.

Quattro le sezioni della mostra: la prima, curata da Ornella Selvafolta, illustra la Milano del primo Novecento, innamorata del progresso, in cui Sant’Elia (come gli altri futuristi) si formò; la seconda e la terza, curate da Alberto Longatti e Luciano Caramel, espongono 50 disegni originali, in gran parte della Pinacoteca Civica di Como, presentati nella mostra milanese del gruppo futurista «Nuove Tendenze» (maggio-giugno 1914), affiancate dai modelli site specific realizzati dagli studenti del Politecnico di Milano. Nella quarta Fulvio Irace mostra l’influenza delle sue ardite «visioni» sull’immaginario urbano del XX e XXI secolo e l’eredità lasciata alla Milano di oggi, insieme a un omaggio di Alessandro Mendini.

A Como va in scena l’antefatto, con disegni del 1913 che mostrano l’influsso dell’architettura secessionista, anch’essi accompagnati da modelli. L’Ordine degli Architetti di Como promuove infine una rilettura della tormentata vicenda del Monumento ai Caduti della città, eretto da Giuseppe Terragni su un progetto di Sant’Elia rivisto da Enrico Prampolini.

Ada Masoero, 10 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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