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Giuseppe Bossi, «Danza di putti», inizio XIX secolo

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Giuseppe Bossi, «Danza di putti», inizio XIX secolo

Il motore del «divino pittore»

Al Castello Sforzesco Raffaello e Giuseppe Bossi a confronto

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Nel Castello Sforzesco è ancora aperta, fino al 30 giugno, «Giuseppe Bossi e Raffaello al Castello Sforzesco di Milano» (catalogo Skira), mostra curata da Claudio Salsi con Alessia Alberti, Giovanna Mori e Francesca Tasso per il progetto «Custodi del mito in Lombardia».

Il «mito» di Raffaello si alimentò nei secoli attraverso disegni, stampe e oggetti d’arte ben più che attraverso gli originali, allora difficilmente accessibili. A Milano, in età neoclassica, fu Giuseppe Bossi (1777-1815), pittore, scrittore, collezionista e influentissimo segretario dell’Accademia di Brera, il motore della fortuna del «divino pittore», da lui diffusa con scritti e disegni tratti da Raffaello e anche collezionando disegni dell’Urbinate (oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia) e ceramiche e sculture «raffaellesche» (oggi al Castello Sforzesco).

La mostra ne presenta un gran numero, a partire dai suoi disegni del Civico Gabinetto dei Disegni del Castello ispirati all’opera di Raffaello, in cui oltre al soggetto e alla composizione Bossi evoca la tecnica del maestro per raggiungere un’interpretazione personale dei modi.

A confronto, sono esposte incisioni di Marcantonio Raimondi dalla Raccolta Bertarelli del Castello e maioliche istoriate del Rinascimento ispirate al patrimonio visivo da lui lasciato.

Giuseppe Bossi, «Danza di putti», inizio XIX secolo

Ada Masoero, 17 giugno 2021 | © Riproduzione riservata

Il motore del «divino pittore» | Ada Masoero

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