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Allestimento di una delle sale della mostra «Antiche civiltà del Turkmenistan», Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori

Photo: Wps

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Allestimento di una delle sale della mostra «Antiche civiltà del Turkmenistan», Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori

Photo: Wps

Il fascino delle antiche civiltà del Turkmenistan ai Musei Capitolini

A Roma, oltre 150 capolavori, provenienti dalla Margiana protostorica e dall’antica Partia, molti dei quali mai usciti dal Paese, raccontano una regione crocevia di antiche civiltà

«Frutto di una collaborazione scientifica trentennale tra italiani e turkmeni, questa mostra rappresenta un punto di svolta che ha permesso di fare uscire per la prima volta dal Turkmenistan pezzi che non hanno mai lasciato il Paese». Si annuncia con le parole dell’archeologo Carlo Lippolis l’esposizione «Antiche civiltà del Turkmenistan», ospitata fino al 12 aprile nelle sale di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini

Il percorso romano, curato da Claudio Parisi Presicce, Barbara Cerasetti, Carlo Lippolis, Mukhametdurdy Mamedov, nasce da una collaborazione tra il Ministero della Cultura del Turkmenistan, l’Ismeo-Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente, il Crast (Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l'Asia) e l’Università degli Studi di Torino.

Oltre 150 capolavori restituiscono la ricchezza, ma anche la complessità, del Turkmenistan, crocevia di antiche civiltà, che, grazie alla posizione strategica tra la Mesopotamia, l’altopiano iranico e la Valle dell’Indo, ha rappresentato un nodo cruciale lungo le principali rotte commerciali tra Oriente e Occidente a partire dal III-II millennio a.C.

I pezzi esposti portano a Roma la vita quotidiana, ma anche la concezione della morte nella Margiana protostorica, regione che corrisponde all’attuale delta interno del fiume Murghab, nel sud-est del Turkmenistan. La morte, intesa come «passaggio», viene esplorata attraverso i sontuosi corredi provenienti dai siti archeologici di Gonur-tepe, Adji Kui, Togolok. Asce, mestoli, sigilli, scettri rituali, orecchini affiancano colorate collane in oro impreziosite da lapislazzuli, turchese e conchiglie, frutto di scambi commerciali con l’Iran, la Valle dell’Indo, il Golfo persico. Anche i flaconcini cosmetici con applicatore rappresentano strumenti di preparazione del corpo all’aldilà.

La seconda sezione della mostra conduce nel Regno, poi divenuto Impero, dei Parti (o Arsacidi, dal nome del loro capostipite), in particolare nel sito di Nisa, strategico centro urbano ai piedi della catena montuosa del Kopet-dagh nel Turkmenistan centro-meridionale. I delicati ritratti in argilla cruda di sovrani e guerrieri esibiscono una raffinata capacità di impressione che richiama il ritratto ellenistico.

Roma accoglie, per la prima volta fuori dal Turkmenistan, anche i raffinati rhyta (corni contenitori per bere e versare liquidi), piccoli capolavori dell’arte dell’intaglio su avorio. La statua in marmo di una giovane donna (Afrodite Anadiomene), intenta a strizzarsi i capelli bagnati, e la scultura che ritrae una figura femminile stante con vesti tipicamente greche, sorvegliate entrambe dalla dea Afrodite in seminudità (parte della collezione dei Musei Capitolini-Centrale Montemartini) sono tre capolavori indiscussi della mostra. Un’occasione, come sottolinea Claudio Parisi Presicce, «per tessere una dimensione di conoscenza attraverso aspetti della cultura dell’Età del Bronzo e dell’epoca partica che condividiamo in Occidente con i territori propri dell’Asia».

Allestimento di una delle sale della mostra «Antiche civiltà del Turkmenistan», Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori. Photo: Wps

Allestimento di una delle sale della mostra «Antiche civiltà del Turkmenistan», Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori. Photo: Wps

Samantha De Martin, 27 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Il fascino delle antiche civiltà del Turkmenistan ai Musei Capitolini | Samantha De Martin

Il fascino delle antiche civiltà del Turkmenistan ai Musei Capitolini | Samantha De Martin