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Paolo Gobbi, «Sospensione», 2021

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Paolo Gobbi, «Sospensione», 2021

Il collezionismo marchigiano fra primo e secondo Novecento

Nella Chiesa della Misericordia di San Severino Marche una settantina di opere, quasi tutte su carta, di oltre 40 autori dagli anni Quaranta ad oggi

Include un disegno inedito di Gino De Dominicis, eseguito su una pagina del diario dell’allora sua compagna di classe Patrizia Taddei che lo conserva gelosamente dal 1964 e mai esposto, la mostra «La natura del segno nelle Marche. Tracce di collezionismo fra primo e secondo Novecento». È una delle numerose sorprese che riserva la rassegna in calendario dal 31 ottobre al 30 novembre nella Chiesa trecentesca della Misericordia nella centrale Piazza del Popolo di San Severino Marche (Mc). Curata da Maria Letizia Paiato, storica dell’arte e critica specializzata nel contemporaneo e nella comunicazione, docente dell’Accademia di Belle arti di Macerata, la mostra scaturisce dall’esplorazione di piccole gemme amorevolmente custodite in collezioni private soprattutto nel maceratese e nell’anconetano che, in più casi, nessuno o quasi ha mai visto in pubblico. «La mostra ruota intorno al tema del disegno, o meglio del segno», puntualizza la nota stampa. Una settantina le opere, quasi tutte su carta, ma non è il supporto che conta. «Il tema del segno diventa un disegno autonomo, non finalizzato allo studio di un’opera che potrebbe diventare pittura, e questo esercizio caratterizza più generazioni», rimarca la curatrice al nostro giornale.

Oltre 40 gli autori nati fra gli inizi del ’900 e gli anni Sessanta del secolo scorso. Tranne un disegno di Ivo Pannaggi datato 1921, l’arco temporale va dagli anni Quaranta all’oggi. Trattandosi di una ricerca condotta intorno a scelte dettate dal gusto personale, il ventaglio di nomi è eterogeneo e comprende, fra i tanti, Enzo Cucchi, Valeriano Trubbiani, Giuseppe Uncini e Edgardo Mannucci. Poche le artiste rinvenute: Magdalo Mussio, Teresa Marasca, Marina Mentoni. Un nucleo appartiene agli aderenti al gruppo del secondo Futurismo promosso nel 1932 a Macerata da Bruno Tano con, tra altri, Pannaggi, Sante Monachesi e Wladimiro Tulli. «Grazie a visite nelle case maceratesi è nata una rete di collezionisti che hanno messo a disposizione i disegni tanto che abbiamo dovuto ridurre il materiale emerso. Io sono la curatrice ma hanno fatto questo lavoro Paolo Gobbi, artista esposto perché in mostra ci sono anche artisti-collezionisti, e la presidente degli Amici di Palazzo Buonaccorsi di Macerata Paola Ballesi», racconta Maria Letizia Paiato. «Natura del segno nelle Marche» porta dunque in superficie «una media borghesia formata da persone di cultura senza disponibilità economiche incredibili che hanno acquistato opere su carta o comunque piccole per il loro piacere, oppure le hanno trovate in casa dai genitori e hanno mantenuto viva questa passione, rileva la storica dell’arte. Si mettono in primo piano collezionisti di cui si parla poco e, diversamente da quanto si poteva immaginare, hanno piacere a figurare. Il collezionismo marchigiano è molto diffuso: questo può essere un primo appuntamento». Sostiene la mostra il Comune, la promuovono l’Associazione Amici di Palazzo Buonaccorsi e l’Associazione Yoruba diffusione arte contemporanea Aps. 

Bruno Tano, «Giovane Biondo», 1944

Stefano Miliani, 31 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Il collezionismo marchigiano fra primo e secondo Novecento | Stefano Miliani

Il collezionismo marchigiano fra primo e secondo Novecento | Stefano Miliani