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Il Picasso del Seicento

Al Kunsthistorisches Museum una grande mostra di Rubens

Nel suo libro, Il genio del cristianesimo (1802), Chateaubriand scriveva che l’autentico scrittore non è chi imita qualcun altro ma colui che nessuno riesce a imitare. L’opera di Peter Paul Rubens (1577-1640) è l’apice di questa mentalità. Studioso, cortigiano, diplomatico, poliglotta, scrittore, cattolico teologicamente informato, uomo d’affari astuto e di successo, oltre a disegnatore, pittore, architetto: non ci fu, come ha sottolineato in queste pagine Theodore K. Rabb, «nessun altro artista come Rubens... non esisteva soggetto che non fosse in grado di padroneggiare».

La mostra «Rubens: il potere della trasformazione», che il Kunsthistoriches Museum presenta dal 17 ottobre al 21 gennaio, conduce i visitatori nel vortice della sua creatività attraverso 127 dipinti, accanto a bozzetti a olio, disegni, stampe e sculture in bronzo e marmo, con 70 opere in prestito da musei come il Prado di Madrid, l’Ermitage di San Pietroburgo e la National Gallery of Art di Washington.

Stefan Weppelmann, direttore della galleria di pittura del museo e uno dei curatori della mostra, spiega che una delle principali idee alla base dell’esposizione è aiutare i visitatori a comprendere i processi creativi di Rubens accostando i suoi dipinti a quelli che lui conosceva, tra cui Tiziano e Caravaggio. Questo «miscuglio» di immaginazione e osservazione artistica viene preso in esame da diverse angolazioni nel catalogo in inglese (Hirmer Verlag). L’aspetto fondamentale del genio di Rubens era la sua abilità nel creare uno stile personale elaborando i processi di predecessori e contemporanei.

Prima ci fu la formazione classica nelle Fiandre, poi uno straordinario periodo di crescita in Italia (1600-08), dove inventò un personale mix di riferimenti alle opere classiche e ai pittori italiani, veneziani in particolare, rinascimentali e contemporanei. Studiò queste opere e pittori nella collezione Gonzaga di Mantova, nelle chiese e collezioni romane e nella collezione reale di Madrid. Al suo ritorno ad Anversa, giunse a una sintesi inimitabile di tutto questo materiale per creare uno stile espressivo fiammingo barocco. Un’altra delle sue principali qualità era, secondo Hans Vlieghe, esperto di Rubens e storico dell’arte fiamminga barocca, «senza dubbio la sua abilità per l’adattamento artistico».

Rubens aveva la capacità di soddisfare le richieste di qualsiasi mecenate, in qualsiasi campo, dalle serie di grandi arazzi e imponenti pale d’altare ai piccoli ritratti di donne borghesi oggi sconosciute e giovani studiosi da tempo dimenticati. Non era solo un gran dritto in società ma era capace di fare qualsiasi cosa. Infine, non va dimenticato lo sviluppo di stili e soggetti unici: il modo di trattare colori e figure, la cornucopia di soggetti storici, mitologici, biblici e storico-ecclesiastici che gli valsero il titolo di «pictor doctus», la varietà dei mezzi espressivi in cui si cimentava e la resa tattile ed erotica della carne femminile (i suoi voluttuosi nudi femminili a grandezza reale danno una strigliata all’attuale tendenza della moda verso la taglia 36). Dopo la sua morte Rubens ispirò molti, ma nessuno lo eguagliò. Questa mostra offre un’opportunità unica per ammirare la sua opera straordinariamente innovativa.

Donald Lee, 08 ottobre 2017 | © Riproduzione riservata

Il Picasso del Seicento | Donald Lee

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