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Alla Galleria SECCI di Milano, una mostra a cura di Dexter Wimberly mette in dialogo due artisti distanti per tempo e linguaggio, uniti da una visione materica, fisica e cosmologica dell’atto pittorico
- Monica Trigona
- 24 settembre 2025
- 00’minuti di lettura


Alteronce Gumby, «EDEN», 2025
Courtesy Galleria SECCI
Fontana e Gumby oltre la superficie
Alla Galleria SECCI di Milano, una mostra a cura di Dexter Wimberly mette in dialogo due artisti distanti per tempo e linguaggio, uniti da una visione materica, fisica e cosmologica dell’atto pittorico
- Monica Trigona
- 24 settembre 2025
- 00’minuti di lettura
Monica Trigona
Leggi i suoi articoliDue artisti separati da generazioni e geografie, uniti da una visione radicale della pittura come spazio da attraversare, non da abitare. Nella mostra «A Material Dance», Lucio Fontana e Alteronce Gumby vengono messi in dialogo da Dexter Wimberly attraverso un percorso che non cerca sovrapposizioni stilistiche, ma risonanze nei gesti che sfidano la superficie rendendo la materia pensiero e luce. Fontana ha trasformato la pittura europea del dopoguerra con un atto che resta ancora oggi rivoluzionario: tagliare la tela. Non per distruggerla, ma per oltrepassarla. I suoi «Concetti Spaziali» non sono ferite, ma varchi, inviti silenziosi a guardare oltre il quadro, verso una dimensione cosmica dove il vuoto è presenza attiva.
Gumby, nato nel 1985 negli Stati Uniti, lavora con materiali diversi, vetro, resina, pigmenti iridescenti, ma con un’intenzione simile: spezzare la frontalità dell’immagine e renderla esperienza, campo energetico, spazio abitabile con lo sguardo e con il corpo. Il suo interesse per l’astrofisica e per le immagini interstellari si traduce in opere che sembrano intrappolare luce, tempo e movimento in una superficie apparentemente solida.

Lucio Fontana, «Concetto Spaziale», 1965. Courtesy Galleria SECCI
Nel loro accostamento, si rivela qualcosa che va oltre la somma delle singole pratiche: un’idea condivisa di pittura come atto fisico, spirituale, cosmologico. Per entrambi poi il processo è parte integrante dell’opera. Fontana lavora per sottrazione, Gumby per accumulo; l’uno incide per aprire spazi di contemplazione, l’altro costruisce paesaggi tattili che assorbono e rifrangono i riflessi. Eppure, entrambi propongono una pittura che si oppone alla rappresentazione e si afferma come presenza reale, concreta, esistenziale.
«A Material Dance», titolo sibillino, prende forma alla Galleria SECCI di Milano, dal 3 ottobre al 20 dicembre, e si apre al pubblico con un vernissage il 2 ottobre. La scelta di Milano non è casuale: è la città dove Fontana ha maturato la sua poetica spaziale, e dove oggi il lavoro di Gumby trova una nuova cornice di lettura. In mostra, le opere si susseguono senza gerarchie, creando un ritmo visivo fatto di contrasti e affinità, silenzi e vibrazioni. Una danza appunto, non tra figure, ma tra materiali, superfici, possibilità. Il percorso riporta l’attenzione sul corpo dell’opera, sulla densità della materia e sull’urgenza del fare, restituendo alla pittura il senso di un atto di scoperta: uno spazio mentale, un gesto di apertura verso l’infinito.