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Monica Trigona
Leggi i suoi articoliCosa si nasconde dietro l’immagine che ogni giorno scegliamo di offrire al mondo? È questo uno degli interrogativi che attraversa la mostra «Behind the curtain | Dietro il sipario» di Thomas Riess, in programma dal 12 settembre al 19 ottobre presso Violetti Arte Contemporanea, a Siena. In un’epoca in cui la rappresentazione sembra valere più dell’essere, l’artista austriaco ci invita a osservare la realtà da una prospettiva meno rassicurante, fatta di slittamenti visivi, ambiguità e domande aperte.
Il lavoro di Riess si concentra da sempre sull’essere umano, analizzandone il rapporto con il tempo, con la memoria e con le dinamiche visive della società contemporanea. Pittura, video e tecniche miste si combinano in un linguaggio personale che, partendo da forme apparentemente riconoscibili, arriva a dissolverle, manipolarle, decostruirle. Al centro della sua indagine rimane il volto: non tanto come ritratto identitario, ma come superficie mutevole, soglia di passaggio tra interiorità e immagine pubblica. Spesso Riess parte da un impianto fotorealistico, per poi minarne la struttura con fratture, sovrapposizioni, cancellazioni. Il risultato è un cortocircuito visivo che sposta l’attenzione dall’identità rappresentata al linguaggio stesso della rappresentazione. Ogni opera diventa così riflessione sulla costruzione dell’immagine e, più in profondità, sull’instabilità dell’io. L’arte si fa strumento critico, capace di smascherare l’illusione di verità e di offrire nuove chiavi di lettura.

Thomas Riess, «Lux Bellator Licht schütteln», 2024. Courtesy of Violetti Arte Contemporanea
In questo senso, la mostra si configura come un viaggio visivo in cui la superficie diventa luogo di tensione tra apparenza e profondità. Le opere esposte, tra ritratti trasfigurati, paesaggi della memoria e figure enigmatiche, restituiscono l’ampiezza della ricerca di Riess, sempre in bilico tra controllo e disgregazione, tra seduzione estetica e inquietudine, tentativo consapevole di far emergere ciò che normalmente viene escluso dalla rappresentazione: la complessità, il dubbio, l’instabilità.
In questa prospettiva si colloca anche il video «I AM I AM NOT», presentato alla Biennale di Venezia nel 2013 e riproposto in mostra, opera composta da 2730 fotografie che, montate in sequenza, raccontano un processo di trasformazione continuo: il volto dell’artista muta impercettibilmente, in un flusso che mescola immagini personali, stratificazioni visive, memoria e tempo. Accanto al video è presentata anche l’opera a tecnica mista da cui il progetto è nato, come se fosse il tracciato fisico e pittorico di un processo intimo e concettuale insieme.
Anche le opere più astratte si collocano dentro questa narrazione aperta: sembrano frammenti di pellicola, fotogrammi rubati a una realtà che esiste altrove, forse nel futuro, forse nel sogno. L’effetto è quello di uno straniamento costante, che non lascia spazio a certezze, ma apre a interpretazioni molteplici. I volti, le presenze, le figure che Riess propone non offrono rassicurazioni, ma pongono davanti alla crisi dell’autenticità e all’erosione del sé in un mondo sovraesposto.

Thomas Riess, «Im Dunkeln sehen», 2025. Courtesy of Violetti Arte Contemporanea