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Giovanni Fattori, «Sosta di cavalleggeri» (particolare)

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Giovanni Fattori, «Sosta di cavalleggeri» (particolare)

Da Degas a Boldini, fino a Schifano: la via italiana dell’Impressionismo

I pittori francesi e il rapporto con l’Italia, gli artisti italiani che andarono a Parigi per trarre ispirazione e alcuni contemporanei che hanno reso omaggio al movimento: ecco il percorso della mostra a Palazzo Montani Leoni di Terni

È il 1825 quando Jean-Baptiste Camille Corot, precursore dell’Impressionismo, si reca in Italia e inizia a dipingere la campagna laziale e umbra, in consonanza con la nascente Scuola di Barbizon. Ed è un quadro di Corot, «Nemi. Il pescatore di gamberi» (1826-27), ad aprire il percorso della mostra «Da Degas a Boldini. Uno sguardo sull’Impressionismo tra Francia e Italia» (fino al 29 giugno), curata da Anna Ciccarelli e Pierluigi Carofano e organizzata da Fondazione Carit presso la sede di Terni, a Palazzo Montani Leoni

L’excursus attraverso quarantacinque opere si snoda lungo un allestimento nuovo per la sede; e termina con un video fornito dall’archivio di Rai Teche. L’esposizione è composta da una serie di prestiti, soprattutto di privati (fondazioni bancarie, istituti di credito, Gallerie d’Italia e collezionisti), ma anche di musei illustri; e va alla scoperta del movimento francese tramite le sue «radici italiane», le diramazioni e i frutti successivi che hanno preso vita nel nostro Paese. A fine percorso, opere-omaggio, firmate Tano Festa («Omaggio a Pissarro», 1972, e «Omaggio a Renoir», 1976) e Mario Schifano («Ninfee», 1983), riportano al tempo presente dopo il viaggio nell’immaginario impressionista. 

Jean Baptiste Camille Corot, «Nemi-Pescatore di gamberi», 1826-27

Interessante è la suddivisione per provenienza geografica di alcuni artisti figli del movimento: dal fenomeno tutto italiano dei macchiaioli toscani (in mostra, Fattori, Signorini, Lega, Banti), si passa ai romani (Antonio Mancini, dalle radici umbre) e ai lombardi, come Vespasiano Bignami («Alla Cannobiana», 1890) ed Emilio Gola («Ritratto di signora», 1903). 

La sezione propriamente francese presenta alcune preziosità: oltre a un raro disegno su carta di Manet, uno studio preparatorio per le ninfee di Monet, due sculture e due incisioni di Degas, concesse dalla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, e tre tele di Berthe Morisot. Le opere di Morisot provengono da collezioni francesi e irlandesi e sono state esposte di recente alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, all’interno di una monografica dedicata alla pittrice. 

Al centro dell’esposizione di Palazzo Montani Leoni, sono i luminosi ritratti femminili di Corcos, Zandomeneghi e De Nittis; il maschile «Ritratto di Réne Cole» (1893) di Giovanni Boldini; e lo splendido busto in cera, dal titolo «Bambino ebreo» (1892), di Medardo Rosso, in prestito dal Museo di Arte Moderna e Contemporanea Mart di Trento e Rovereto

Oltre ad alcune tele in mostra, la collezione permanente di Palazzo Montani Leoni, di proprietà della Fondazione Carit (Cassa di Risparmio di Terni e Narni), comprende opere dal XIII fino agli inizi del XXI secolo ed è visitabile su appuntamento.

Silvestro Lega, «La lezione»

Letizia Riccio, 02 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Da Degas a Boldini, fino a Schifano: la via italiana dell’Impressionismo | Letizia Riccio

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