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Hurvin Anderson, «Essay», 2025 (particolare)

© Hurvin Anderson. Photo: Ben Westoby / Fine Art Documentation

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Hurvin Anderson, «Essay», 2025 (particolare)

© Hurvin Anderson. Photo: Ben Westoby / Fine Art Documentation

Da Anderson a Thuring: il limite emotivo e fisico della pittura

La Thomas Dane Gallery ospita nove artisti di generazioni diverse accomunati dal tentativo di indagare le possibilità del medium pittorico, mantenendo sempre un dialogo con la città di Napoli e con la sua cultura artistica

«Push me, Pull you» è il titolo della collettiva, a cura di Jenni Lomax, visitabile fino al 27 settembre alla Thomas Dane Gallery. In mostra opere dei britannici Hurvin Anderson (Birmingham, 1965), Prunella Clough (Londra, 1919-99), Matthew Krishanu (Bradford, 1980); dell’olandese René Daniëls (Eindhoven, 1950); degli italiani Bice Lazzari (Venezia, 1900-Roma, 1981) e Pinot Gallizio (Alba, 1902-64); del ruandese Francis Offman (Butare, 1987); della statunitense Amy Sillman (Detroit, 1955) e del belga Caragh Thuring (Bruxelles, 1972). «Ciò che unisce gli artisti di questa mostra, racconta la curatrice, è la sensazione che essi pensino e, per citare Clough, “combattano” con i loro materiali. Portando le cose fino a un limite emotivo e fisico, prima di riportarle alla luce, ogni artista lascia emergere forme, immagini e atmosfere. Costruiscono quindi una conversazione che va avanti e indietro tra la materialità del processo e qualcosa che emerge dal retro della mente, o che viene colto con la coda dell’occhio. Ogni artista traccia la superficie del piano del quadro in modo quasi topografico. Ciascuno stratifica motivi, significanti, texture e linee in modo da mettere in discussione le normali aspettative di scala, e sfidare il convenzionale gioco tra figura e spazio. Anche il tempo gioca un ruolo importante, in quanto collassa e si allunga attraverso questi mezzi distintivi di realizzazione; sicché le sedimentate osservazioni personali e la memoria del luogo finiscono col confondersi. Sebbene questi artisti si divertano a pressare le possibilità della pittura, le loro opere non mancano né di struttura né di criteri. Evitando abilmente di essere astratte o figurative, non diventano né l’una né l’altra cosa, negoziando un territorio che nega e devia ovvie categorizzazioni». 

La mostra, che mette a confronto opere di nove artisti di generazioni diverse, è stata pensata durante una conversazione tra la curatrice e l’artista Amy Sillman nel 2018, mentre il titolo riprende l’espressione «pushing to the edge, pulling back from the brink» (spingendosi al limite, evitando il baratro), nata da una riflessione sulla pittura e sul lavoro dell’artista Prunella Clough. Ma è anche, come sempre avviene nelle esposizioni realizzate nella sede napoletana della galleria londinese, un dialogo con la città di Napoli e con la sua cultura artistica. E, infatti, chiarisce Jenni Lomax, «è possibile stabilire un legame anche con l’arte cittadina del passato; la prova che gli artisti hanno assaporato il movimento della pittura sta nello spazio tra e intorno ai soggetti principali dei dipinti di epoche precedenti». Uno spazio liminare, afferma sempre la curatrice, in cui «il movimento della pittura evoca, per esempio, un guizzo di luce sulla curva di una pentola, l’immagine di un bambino che gioca nell’ombra di un tavolo, il ricordo di un paesaggio».

Pinot-Gallizio, «Il giocoliere», 1961

Olga Scotto di Vettimo, 21 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Da Anderson a Thuring: il limite emotivo e fisico della pittura | Olga Scotto di Vettimo

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