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Al MEET Digital Culture Center tre lavori dell’artista valdostana occupano le tre gallery del primo piano
- Ada Masoero
- 01 marzo 2022
- 00’minuti di lettura


Un’immagine della videoinstallazione di Giuliana Cunéaz
C’è poesia nelle nanotecnologie di Cunéaz
Al MEET Digital Culture Center tre lavori dell’artista valdostana occupano le tre gallery del primo piano
- Ada Masoero
- 01 marzo 2022
- 00’minuti di lettura
Prima, tra la fine degli anni Ottanta e l’esordio del Duemila, Giuliana Cunéaz aveva lavorato lungamente, e con successo, con il video, ma dal 2004 è il 3D a dominare la sua nuova, fortunata ricerca, dove fioriscono mondi virtuali in interazione con il mondo reale. La personale «C’è tanto spazio laggiù in fondo», aperta dal 2 marzo al 2 aprile al MEET Digital Culture Center (centro internazionale per la cultura digitale, fondato da Maria Grazia Mattei con Fondazione Cariplo) cita il titolo di una conferenza del 1959 del fisico americano Richard Feynman sulle potenzialità delle nanotecnologie.
E sono proprio le nanotecnologie, tradotte in un linguaggio poetico ed evocativo, le protagoniste di questa personale di Giuliana Cunéaz, formata da tre lavori che occupano le tre gallery del primo piano, nelle quali l’artista si avvale di volta in volta di animazione 3D, segno pittorico e stampa digitale («Neither snow nor meteor showers»), messi talora in dialogo con la scultura («Matter waves unseen»), oppure con inattesi interventi pittorici sullo schermo (in «Microcrystals dream», realizzato per questa mostra). L’ultima sala è l’immersive room dei «Cercatori di Luce», un lavoro in 3D di mixed media art che sintetizza i linguaggi di cinema, danza, teatro e performance.
L’opera (presentata in anteprima al PalaCinema di Locarno) mette in scena un mondo nanomolecolare in cui si muovono attori (Angela Molina), ballerini e performer (tra gli altri, Aida Accolla, già prima ballerina della Scala, e Giulia Staccioli, fondatrice Kataklò) e lo storico dell’arte Bruno Corà, su musiche di Paolo Tofani, esponente del gruppo sperimentale degli «Area».

Un’immagine della videoinstallazione di Giuliana Cunéaz