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«Loopgraaf», 1965, di Jacqueline de Jong. © Jacqueline de Jong

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«Loopgraaf», 1965, di Jacqueline de Jong. © Jacqueline de Jong

Allo Stedelijk l'espressionismo di Jacqueline de Jong

Il museo olandese ospita per sette mesi una retrospettiva dell'artista ottantenne

Bianca Bozzeda

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Jacqueline de Jong è una di quelle artiste che, nonostante l’importante ruolo ricoperto nella storia dell’arte del ’900, non godono ancora di riconoscimento internazionale. Dal 9 febbraio al 18 agosto lo Stedelijk Museum di Amsterdam corre ai ripari dedicandole una retrospettiva.

Nata in Olanda nel 1939 da una famiglia ebraica, la de Jong è costretta all’esilio a Londra dove si dedica alla drammaturgia. Dopo la fine della guerra, torna nel Paese d’origine e lavora proprio allo Stedelijk, dove affianca Willem Sandberg, l’allora direttore del museo. L’incontro con i membri del gruppo CoBrA e del Situazionismo segna l’inizio della produzione artistica della de Jong, destinata a toccare gli ambiti più disparati, dall’arte grafica alla pittura fino all’editoria.

Nel 1962 l’artista fonda «The Situationist Times», la prima e unica rivista situazionista anglofona di cui saranno pubblicati sei numeri. In quegli stessi anni vive a Parigi, dove sviluppa la passione per la litografia insieme a un acceso impegno politico, che durante le rivolte del ‘68 le varrà il ritiro del permesso di soggiorno in Francia.

L’opera della de Jong dà vita a opere espressioniste abitate da personaggi mostruosi che animano un mondo sensuale, violento e ironico. Oggi Jacqueline de Jong vive ad Amsterdam, dove si dedica alla pittura prediligendo le nature morte e in particolare le patate, che, dopo aver raccolto, disseccato e imbevuto nell’oro, trasforma in gioielli, con fare da alchimista.

«Loopgraaf», 1965, di Jacqueline de Jong. © Jacqueline de Jong

Bianca Bozzeda, 08 febbraio 2019 | © Riproduzione riservata

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