Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Germano D’Acquisto
Leggi i suoi articoliCi sono mostre che sembrano raccontare storie, e altre che le cuciono letteralmente. «The Big Dipper Will Foretell the Future of the Roma», il nuovo progetto di Małgorzata Mirga-Tas alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, appartiene senza dubbio alla seconda categoria: un racconto fatto di trame, fili e stoffe che diventano superfici narrative, dove l’arte si manifesta come gesto di riparazione, gesto quotidiano e radicale, gesto politico e poetico insieme. Dopo il successo alla Biennale Arte di Venezia 2022, dove rappresentò la Polonia con «Re-enchanting the World», l’artista rom polacca torna in Italia con una mostra concepita appositamente per Reggio Emilia, città che non è solo cornice ma corpo vivo del progetto.
Il cuore della mostra nasce infatti dal dialogo dell’artista con le comunità sinte del territorio, custodi di una storia collettiva spesso ignorata, o peggio, semplificata. Mirga-Tas ha raccolto fotografie, conversazioni, ricordi, mescolandoli in un patchwork di vite reali e immaginari condivisi. La giostra dei calcinculo, già si chiama così, diventa così metafora di un mondo in movimento, di una storia fatta di viaggi, di transiti e di ritorni.
Al centro dell’allestimento reggiano campeggia una grande giostra ricoperta da stoffe multicolori, sulle quali l’artista ha cucito scene di vita quotidiana: famiglie riunite, bambini che giocano, donne che chiacchierano, uomini che aggiustano qualcosa o semplicemente si riposano. Non c’è retorica nella rappresentazione, né idealizzazione: è la vita stessa, quella che pulsa nei cortili, nei campi, nei caravan, quella che resiste, che si reinventa. Sulle fasce superiori dell’opera, come in un fregio antico, scorrono parole e versi, tra cui quelli della poetessa e cantante Papusza, figura leggendaria della cultura rom. È da un suo verso che Mirga-Tas prende il titolo della mostra: «Il Grande Carro predirà il futuro dei Rom».
Il riferimento al cielo, agli astri e al viaggio cosmico non è casuale. Nelle opere di Mirga-Tas il cielo non si distingue mai nettamente dalla terra: le figure galleggiano in spazi senza orizzonte, sospese in un continuum di tessuti e colori che fonde terra e cielo, sogno e realtà, materia e spirito. È un universo fluttuante dove tutto è connesso, dove i corpi si mescolano agli oggetti, dove il ricordo e il presente convivono in una dimensione di atemporalità affettiva.
Małgorzata Mirga-Tas, «The Big Dipper Will Foretell the Future of the Roma», 2025 (particolare). © Małgorzata Mirga-Tas Courtesy of the artist; Foksal Gallery Foundation, Warsaw; Frith Street Gallery, London; and Karma International, Zurich
L’arte, per Mirga-Tas, è anzitutto un gesto di comunità. Le stoffe che utilizza provengono da case, armadi e vite altrui: abiti, tovaglie, tende, ritagli di memoria tangibile. Ogni frammento di tessuto porta con sé un residuo di esperienza, un odore, una traccia. Insieme compongono un mosaico emotivo e sensoriale che restituisce alla materia la sua umanità perduta. «Ogni filo cuce insieme vite individuali, storie personali e traumi condivisi», dice l’artista classe 1978. E in effetti, i suoi punti di cucitura restano volutamente visibili: sono le cicatrici di una storia collettiva, ma anche le linee di forza che tengono unito ciò che il tempo o la discriminazione hanno tentato di lacerare.
La pratica del cucire, più antica del dipingere e più concreta del narrare, diventa per Mirga-Tas metafora universale: cucire per unire, per riparare, per appartenere. In questo senso, la sua opera va ben oltre l’estetica del patchwork o la grammatica dell’artigianato. È un’azione di ricucitura identitaria, di riscrittura del racconto collettivo rom e sinta, un modo per ricomporre i pezzi di un’immagine frammentata dalla storia e dai pregiudizi.
C’è anche, nelle opere, un’ironia sottile, una gioia anarchica del colore che scongiura ogni patetismo. Mirga-Tas guarda a Matisse e al suo découpage, a Chagall e alla sua levità onirica, ma anche a Picasso e ai suoi collage di realtà fisica: orecchini veri appesi a visi di stoffa, colletti autentici cuciti sui corpi, bottoni, merletti, passamanerie che non rappresentano, ma sono. L’oggetto reale si trasforma in immagine di sé stesso, in simbolo concreto di un’esistenza.
Accanto ai lavori tessili, tre cavalli scolpiti in legno sembrano essersi liberati dalla giostra per trottare nello spazio della galleria. Mirga-Tas li costruisce come puzzle tridimensionali: sagome incollate di legno grezzo, imperfette, nodose. In una di queste sculture, i nodi del legno coincidono con gli occhi dell’animale, un piccolo miracolo materico che ricorda le pitture rupestri, quando gli artisti preistorici sfruttavano le sporgenze della roccia per suggerire la forma di un bisonte o di un cavallo. È come se l’artista volesse dire che la materia sa già di che cosa parla: basta saperla ascoltare.
Il lavoro di ricerca che accompagna la mostra risale fino al 1422, data della prima testimonianza documentata della presenza dei Rom in Italia, a Bologna. Un dato storico che, nella leggerezza colorata dell’allestimento, si percepisce come sottotraccia costante: la consapevolezza di una lunga storia di marginalità, persecuzioni, spostamenti forzati, e al tempo stesso di una irriducibile vitalità culturale.
Alla Collezione Maramotti, «The Big Dipper Will Foretell the Future of the Roma» diventa dunque assai più di una mostra. È una festa, un rito comunitario, una riconciliazione tra arte e vita. L’opera restituisce così alle persone il diritto di essere viste, amate, ricordate.
Uscendo dalla mostra, in scena fino all’8 febbraio 2026, resta un’impressione di leggerezza quasi paradossale. Esattamente come dopo un giro di giostra, il corpo è fermo ma la mente continua a ruotare. È forse questo il senso più profondo del titolo: la costellazione del Grande Carro non come destino, ma come orientamento. Un invito a guardare il cielo, e la storia, da un’altra prospettiva, cucita a mano, una volta per tutte.
Una veduta della mostra «The Big Dipper Will Foretell the Future of the Roma» alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia. © Małgorzata Mirga-Tas Courtesy of the artist; Foksal Gallery Foundation, Warsaw; Frith Street Gallery, London; and Karma International, Zurich. Photo: Dario Lasagni