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Una veduta dell’allestimento, con il Guerriero ferito (fine V sec. a.C.) degli Uffizi

Foto © WPS

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Una veduta dell’allestimento, con il Guerriero ferito (fine V sec. a.C.) degli Uffizi

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Ai Musei Capitolini tutta la bellezza della Grecia a Roma

Dopo Fidia, a Villa Caffarelli 150 capolavori, alcuni mai esposti, rievocano la fortuna dell’arte greca presso i Romani, seconda tappa del ciclo «I Grandi Maestri della Grecia antica»

A due anni esatti dalla mostra su Fidia, i Musei Capitolini ospitano a Villa Caffarelli, dal 29 novembre al 12 aprile 2026, «La Grecia a Roma», seconda di cinque tappe del ciclo dedicato ai Grandi Maestri della Grecia antica e alla loro eredità nella cultura romana, ciclo che prevede anche due monografiche dedicate a Prassitele e a Skopas. Questa volta la curatela è condivisa tra l’attuale sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce e il suo predecessore Eugenio La Rocca, che ha ricoperto lo stesso incarico per quindici anni, dal 1993 al 2008.

È famosissimo il detto di Orazio «Graecia capta ferum victorem cepit», ovvero la Grecia conquistata (dai Romani) conquistò il selvaggio conquistatore. In realtà è soltanto una bellissima frase ad effetto, sostanzialmente falsa, come attesta l’esposizione, che parte proprio dalla fondazione di Roma. Già, perché gli scambi commerciali con la Grecia e la Magna Grecia iniziarono nell’VIII e VII secolo a.C., quindi molti secoli prima della conquista romana, come dimostrano i frammenti dall’Eubea in mostra, trovati negli scavi a Sant’Omobono, e anche quelli provenienti da Ischia e Cuma, bellissimi e inediti i piccoli frammenti di ceramica attica di fine VI-inizi V secolo a.C. rinvenuti in scavi recenti alle Curiae Veteres. 

Il Tevere era un crocevia davvero strategico tra la Campania, l’Etruria e il Lazio. Poi certo, la conquista romana prima dei grandi centri magnogreci come Siracusa e Taranto, poi della Grecia, apportano a Roma molte opere destinate soprattutto ad abbellire santuari e spazi pubblici. Una vera e propria svolta si registra tra la fine del III e gli inizi del II secolo a.C., quando la visione dell’arte greca da parte dei Romani muta sostanzialmente: non soltanto si recuperano e trasportano le opere a Roma, ma si inizia a rifunzionalizzarle, conferendo loro significati romani, di autorappresentazione e di propaganda. L’arte greca dilaga anche nelle ricche dimore private, con qualcosa di molto simile al collezionismo, che cresce sempre più nel II e nel I secolo a.C. E maestri e botteghe greche iniziano a produrre lavori artistici specificatamente per i Romani.

Roma era strapiena di capolavori greci di tutti i tipi, molti sono stati recuperati a fine Ottocento con i lavori di trasformazione di Roma in capitale del Regno, molti sono stati esportati e venduti del tutto legalmente, almeno fino alla legge di tutela del 1909, e arricchiscono grandi musei esteri (Boston, Copenaghen ecc.). Sappiamo anche che nell’antica Roma c’erano le opere dei maggiori maestri greci, Fidia, Policleto, Lisippo e altri, ma nessuna delle loro sculture ci è pervenuta.

La mostra, organizzata da Zètema Progetto Cultura, ha il merito di raccogliere circa 150 manufatti originali greci. I capolavori non mancano, non solo i grandi bronzi capitolini qui riuniti, tra cui il cavallo e il quarto di toro colossale dall’ex vicolo delle Palme datati al V-IV secolo a.C., certamente di grandi artisti greci ma non riferibili a nessuno in particolare, il cratere di Mitridate VI Eupatore, la statua colossale di Ercole in bronzo dorato proveniente dal Foro Boario, e una serie di teste acrolitiche in marmo, tra cui due già in collezione Albani e una in prestito dal Vaticano. Ma pezzi importanti arrivano da tutto il mondo, dal British di Londra con due statue gemelle di Pan da Genzano, dal Museum of Fine Arts di Boston con una testa di ariete rinvenuta nel Settecento nella villa di Lucio Vero sulla Cassia, dal Metropolitan di New York, dagli Uffizi di Firenze, dal Mann di Napoli (la stele «Borgia»). Da ricordare anche l’eccezionale Stele funeraria con giovane seduto intento alla lettura e una pantera (430-420 a.C.) dell’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, lì attestata fin dal XIII secolo e proveniente da una delle ville in zona; le tre sculture dei Niobidi degli Horti Sallustiani disperse tra Roma e Copenaghen, la Niobide ferita di Palazzo Massimo alle Terme, simbolo della mostra, il Niobide morente e la Niobide in fuga, purtroppo solo in calco, della Ny Carlsberg Glyptotek. Secondo La Rocca facevano probabilmente parte del gruppo frontonale del Tempio di Apollo Daphnephoros a Eretria, e furono trasferite a Roma in età augustea dal generale Gaio Sosio per decorare il Tempio di Apollo (Sosiano) fatto erigere a sue spese nel Circo Flaminio; la scultura acroteriale femminile, forse un’Aura, già in collezione di Alessandro Peretti Montalto, venduta oltre due secoli fa e oggi alla collezione Al Thani di Parigi. Il catalogo è pubblicato da Gangemi editore.

 

 

Federico Castelli Gattinara, 28 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Ai Musei Capitolini tutta la bellezza della Grecia a Roma | Federico Castelli Gattinara

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