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Salvator Rosa, «Autoritratto», 1645-49 ca, Londra, collezione privata

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Salvator Rosa, «Autoritratto», 1645-49 ca, Londra, collezione privata

Una vita a colpi di teatro

Salvator Rosa, artista moderno e intellettuale con l’aura del maudit

Federico Castelli Gattinara

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Ugo Bozzi ha dato alle stampe una poderosa monografia su Salvator Rosa (1615-1673) «pittore famoso» firmata da Caterina Volpi, studiosa che incrocia il pittore dalla fine degli anni Novanta e da una decina d’anni vi si dedica in maniera sistematica, pubblicando scritti su singole opere o aspetti generali della sua arte e collaborando a mostre e convegni.
Da tempo si aspettava un rivisitazione critica complessiva di Rosa aggiornata agli ultimi studi, alle novità di catalogo, a quei tanti e variegati approfondimenti fioriti negli ultimi vent’anni su alcune figure chiave del mercato dell’arte e del collezionismo, sui rapporti tra questi, gli artisti e i committenti. La comprensione di questi ambiti, prima quasi del tutto ignorati, inquadrano con più coerenza filosofie, mode culturali e gusti di nicchia del XVII secolo.
Salvator Rosa appartiene a quella cerchia di artisti maudit del Seicento romano e napoletano oggetto di un celebre articolo di Luigi Salerno uscito nel 1970 sulla rivista «Storia dell’Arte». Uno scritto che forse per la prima volta ha cercato di fornire una spiegazione più organica e approfondita a quel filone alternativo alla trionfale linea barocca incardinata sul binomio Bernini-Pietro da Cortona e sulla committenza Barberini. Oltre certi stereotipi romantici duri a morire, per cui l’interesse per certi artisti era dettato dai loro aspetti biografici più pepati: violenza, suicidio, sessualità deviante, asocialità ecc. Del resto la preoccupazione principale di Rosa era proprio quella di impressionare, come si evince dalle sue lettere: «Salvatore procede per colpi di teatro, scrive la Volpi, siano essi ottenuti con la recitazione, il disegno, la pittura o la scrittura e ogni quadro, come ogni recita pubblica o esibizione, è una provocazione di cui si registrano con soddisfazione le reazioni e il clamore, in una spasmodica ricerca della fama e del successo».
Il suo primo biografo, il pittore Bernardo De Dominici, si inventò, ad esempio, la sua partecipazione alla rivolta di Masaniello del 1647, quando invece Rosa era già a Firenze.
Una monografia sul pittore non può che partire da quelle ancora fondamentali di Luigi Salerno del 1963 e del 1975, a cui si aggiungono la mostra alla Hayward Gallery di Londra del 1973, i tanti contributi nel tempo e fino a oggi di Helen Langdon, la monografia di Jonathan Scott del ’95, le recenti mostre a Capodimonte (2008), Londra e Fort Worth (2010).
Rosa fu pittore, ma anche disegnatore, incisore, poeta, attore e musicista, un genio creativo in perenne ricerca, istrionico e prolifico, anche se a volte discontinuo nei risultati. «Seppe creare la moderna figura di artista intellettuale, esordisce la Volpi nel volume di 700 pagine, unendo la creatività sanguigna e irruente di stampo partenopeo al filtro letterario, elegante e razionale della cultura fiorentina». La sua produzione è frutto di un miscuglio di aspetti magici, scientifici e filosofici, da cui il suo amore per i soggetti stregoneschi ed esotici, le citazioni storiche e l’esaltazione degli antichi, che informano i diversi generi che attraversa, i paesaggi, i ritratti, le bambocciate, le battaglie, i dipinti sacri e mitologici.
Il lavoro della Volpi si concentra sull’evoluzione pittorica e stilistica di Rosa, individuando in essa l’aspetto più originale della proteiforme creatività. La messa a punto del catalogo, 325 opere, problematico specie per il primo periodo napoletano, ha «l’ambizione di rendere chiare le direttrici di questa evoluzione con proposte attributive e cronologiche passibili di aggiustamenti in qualche caso ma, fondamentalmente, più coerenti, speriamo, di quanto finora proposto». Il saggio, con oltre 300 immagini perlopiù a colori, segue le tappe biografiche di Rosa: Napoli, Roma, Firenze e poi ancora Roma. Seguono il catalogo dei dipinti e delle opere rifiutate (limitato alle ultime acquisizioni), appendici, bibliografia e indici analitici.



Salvator Rosa (1615-1673) «pittore famoso», di Caterina Volpi, 700 pp., ill., Ugo Bozzi editore, Roma 2014, € 260,00

Salvator Rosa, «Umana fragilità», 1656 ca, olio su tela, Cambridge, Fitzwilliam Museum

Salvator Rosa, «Paesaggio con banditi su costa», New York, Metropolitan Museum of Art

Salvator Rosa, «Autoritratto», 1645-49 ca, Londra, collezione privata

Federico Castelli Gattinara, 11 dicembre 2015 | © Riproduzione riservata

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