Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliNuove scoperte durante i lavori della linea C
Gli scavi hanno riguardato due zone adiacenti alle Mura aureliane all’altezza di Porta Asinaria: i giardini di via Sannio e la stazione della metropolitana di San Giovanni in via La Spezia.
Dai giardini (le indagini sono appena riprese) è emersa un’officina marmoraria in opera mista che ha restituito vari trapezofori, una bella erma barbata, marmi pregiati, un’importante lastra graffita e altro.
Ma è dai lavori alla stazione che provengono grandi novità, un’azienda agricola d’età imperiale con un articolato sistema idrico, un terreno coltivato di circa 14/15mila metri quadrati e la più grande vasca mai ritrovata, interamente foderata di cocciopesto idraulico, le cui misure stimate sono di 69x34 metri (profondità di 1,7-2 metri, poteva contenere oltre 4 milioni di litri d’acqua) e di cui sono stati rintracciati solo due lati e un angolo: «è talmente grande, spiega la responsabile scientifica dello scavo Rossella Rea, che supera il perimetro del cantiere e non è stato possibile scoprirla interamente».
Dell’azienda sono riemerse anche una rota aquaria e sei ceppaie (fusti e radici) perfettamente conservate, che dai tanti noccioli di pesca rinvenuti si presume fossero in buona parte pertinenti a coltivazioni di peschi (nell’azienda c’erano sicuramente anche fichi, uva, un orto e forse anche piccoli animali d’allevamento), un albero da frutto da poco introdotto a Roma dalla Persia.
Nella terra sono state ritrovate tavole ancora integre di legno di quercia, faggio, olmo, noce e abete, un forcone a tre punte, resti di ceste, due frecce, poi ancora tegole, tubuli, antefisse architettoniche e altro materiale fittile siglato con le lettere TL, «la prova dell’appartenenza di tutte le strutture rinvenute a un unico impianto e a un unico proprietario», spiega l’archeologa Francesca Montella.
Dopo circa un secolo di attività, alla fine del I secolo d.C. l’azienda fu dismessa, il frutteto rasato e il vascone interrato. Si avanza l’ipotesi che la causa sia la decisione del curator aquarum Frontino, nominato da Nerva, di bloccare il fiume Crabra riservandone le acque esclusivamente all’agro romano, mentre l’azienda sorgeva proprio a ridosso della Roma augustea e tiberiana, accanto alla linea daziale che poi nel III secolo sarà occupata dalle Mura aureliane.
Le indagini hanno rinvenuto tracce umane fino a una profondità di 20 m, attestando la frequentazione dell’area a partire dalla fine del VII secolo a.C.
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