Edek Osser
Leggi i suoi articoliMai nominato il vice del dg Giovanni Nistri e i tecnici della squadra del Grande Progetto Pompei che deve spendere 105 milioni di fondi europei entro il 2015. Intanto parte il piano strategico della Buffer Zone
Non era mai partito il Piano Strategico per la Buffer Zone, il vasto territorio intorno a Pompei, previsto dalla legge Valore Cultura del 2013. Scopo del progetto è realizzare, nei nove comuni dell’area vesuviana fitta di eccellenze archeologiche, le infrastrutture necessarie a rilanciarne l’offerta turistica. Ogni sforzo è concentrato sulla messa in sicurezza di Pompei: entro dieci mesi, il 31 dicembre 2015, dovranno essere spesi i 105 milioni di fondi europei per salvare la città antica. Tuttavia, anche per la Buffer Zone qualcosa si è mosso: il Comitato di Gestione della Unità Grande Pompei, che preparerà il Piano strategico per l’area esterna agli scavi, si è insediato il 7 gennaio.
Ne fanno parte il ministro Franceschini (che lo presiede) e quello delle Infrastrutture Lupi, il sottosegretario Delrio, il presidente della Regione Campania, il sindaco della Città metropolitana di Napoli, i sindaci di Pompei, Boscoreale, Torre Annunziata, Ercolano, Torre del Greco, Boscotrecase, Trecase, Castellammare di Stabia, Portici oltre a enti e privati, senza diritto di voto.
Il 10 febbraio, approvato il Regolamento, il progetto ha preso il via secondo le quattro linee strategiche indicate dalla legge: «miglioramento delle vie di accesso e interconnessione ai siti archeologici; recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente mediante il recupero e il riuso di aree industriali dismesse; riqualificazione e rigenerazione urbana; promozione di erogazioni liberali, sponsorizzazioni; forme di partenariato pubblico-privato, coinvolgimento di organizzazioni non profit nella valorizzazione del patrimonio culturale». Direzione, organizzazione e preparazione del Piano strategico spettano allo stesso responsabile del Grande Progetto Pompei, il generale Giovanni Nistri che spiega: «Adesso, nei diversi “tavoli tecnici” aperti con Comuni, Regione e Provincia, verranno proposte e discusse le soluzioni possibili, partendo dal documento di base che abbiamo preparato e che contiene alcune linee guida. Idee e progetti, anche dei privati, dovrebbero indicare le eventuali fonti di finanziamento».
È un progetto ambizioso e di vasta portata, che coinvolge anche l’Unesco. Nistri è prudente: «Il problema è gigantesco ma i tempi sono meno stringenti di quelli di Pompei. Per la Buffer Zone credo sia necessaria una pianificazione decennale, magari per tappe. Per ora l’importante era avviare il processo».
Per affrontare tutti questi compiti, la legge Valore Cultura ha previsto una forte «struttura di supporto» accanto a Nistri. Nei fatti, per una serie di ritardi e inadempienze, questo strumento fondamentale non è mai stato completato. Manca il vicedirettore vicario da affiancare Nistri: uno storico dell’arte, un archeologo, un tecnico di alto profilo. Non si sa se verrà mai nominato. Inapplicata un’altra prescrizione della legge: alla struttura di supporto mancano i «cinque esperti in materia giuridica, economica, architettonica, urbanistica e infrastrutturale». Le loro competenze saranno essenziali per la elaborazione del Piano Strategico della Buffer Zone. Perché non sono mai stati nominati? «Non conosco i motivi, risponde Nistri, suppongo siano di natura burocratico-finanziaria. Cercheremo di farne a meno. Del resto, aggiunge Nistri, l’Unità Grande Pompei che deve avviare il Piano dovrebbe avere anche 10 funzionari. Ne ho soltanto 6». Non è completo neppure il gruppo dei 20 funzionari, alcuni di livello dirigenziale, della stessa Struttura di Supporto. La causa: mancanza di un incentivo economico che compensi il trasferimento a Pompei. Quelli presenti sono necessari come responsabili dei procedimenti di progettazione e appalto, come progettisti e commissari di gara. A queste assenze si lega il problema dell’affidamento degli appalti, snodo essenziale.
«Secondo la legge, ricorda Nistri, finché la struttura di supporto non raggiunge la piena operatività, la funzione di stazione appaltante resta alla Soprintendenza. Ormai penso che il completamento della struttura sia un traguardo impossibile. La piena operatività di fatto c’è, e i risultati raggiunti lo dimostrano, quindi credo che con le prossime gare assumeremo comunque quel compito».
Insomma, Pompei resta in emergenza?
È una città di rovine. Vorrei soltanto ricordare che quando sei a metà del guado, come siamo noi in questo momento, è proprio inutile sentirsi dire che sei bagnato e ripeterlo ogni volta che cade un muro o c’è uno smottamento Bisogna ricordarsi del punto di partenza e poi giudicare la situazione all’arrivo. Devo fare i conti con le forze e le possibilità che abbiamo. Per questo è necessario fissare le priorità. In questo momento penso sia quella di bandire tutte le gare il più presto possibile.
Quanto pesa ancora la burocrazia nonostante le deroghe concesse dalla legge alle procedure del Grande Progetto?
Si parla soprattutto dei ritardi dovuti ai ricorsi al Tar, ma sono anche più gravi i continui rallentamenti nelle gare di appalto, compresi i meccanismi di autotutela. Ad esempio, per una gara abbiamo dovuto prorogare due volte i termini: prima c’era un errore nel bando, poi un problema che avrebbe potuto giustificare un ricorso al Tar. Una cosa è certa: degli unici cinque progetti che erano pronti e sono partiti nel 2012, tre non sono ancora chiusi, per gli altri due c’è voluto quasi un anno per il collaudo a causa di difficoltà progettuali.
Che cosa manca ancora per mettere in sicurezza gli scavi?
Dobbiamo bandire la gara per la messa in sicurezza delle regiones I, II e III. Poi bisogna intervenire sui fronti di scavo, per i quali la progettazione mancava del tutto. Questi gli interventi più sostanziosi per la messa in sicurezza, perché i lavori delle regiones VI, VII e VIII sono avviate, la gara per le IV, V e IX sarà aggiudicata a breve. Altri progetti sono stati affidati a Invitalia che sta valutando i documenti ma ha tempi stretti per procedere.
A che punto siamo con la spesa dei 105 milioni dell’Europa?
Non dobbiamo soltanto «spendere» i 105 milioni: in teoria, per essere ammessi alla rendicontazione tutti i lavori devono essere conclusi, collaudati e accompagnati da documenti molto complessi. Stiamo cercando di attuare i lavori per blocchi funzionali con collaudi in corso d’opera, in modo che se anche il progetto non è completato sia possibile calcolare il valore della parte finita. Dunque i conti si faranno alla fine.
Secondo lei ce la farete?
Al 31 dicembre 2014 erano già banditi lavori per 96 milioni. Per arrivare ai 105 ne restano 9, ma ne abbiamo ora altri 11 risparmiati con i ribassi d’asta: quindi potrei fare bandi per 20 milioni. In realtà, secondo l’Action Plan dovremmo arrivare a 139 milioni. Ma non possiamo fare ora un calcolo esatto, contando sui risparmi di futuri, incerti ribassi.
Quali sono oggi i problemi più urgenti?
Oltre alle progettazioni residue, quelli della direzione lavori in fase di esecuzione. Servono professionalità che a Pompei mancano. Mancano anche funzionari specializzati nella sicurezza, ingegneri idraulici, geometri. Sono rimasti solo quattro restauratori per le parti decorative. Tutti specialisti da cercare con interpelli interni alla pubblica amministrazione e poi con gare esterne. Ogni passaggio è una perdita di tempo. In parte si è provveduto con la costituzione di una Segreteria Tecnica di Progettazione” .
Alcuni aiuti per il personale verranno probabilmente da Ales, la società del Mibact.
Purtroppo ritardi, difficoltà, inefficienze ci sono stati e ce ne saranno, però stiamo lavorando. Certo” si rammarica“alcuni vecchi progetti hanno richiesto totali aggiornamenti e correzioni. Un esempio: il Piano della Conoscenza partirà, con grave ritardo, solo a fine febbraio. Il bando è del 20 marzo del 2014, ma era talmente “articolato” che poi è stato molto difficile gestire la gara.
È ottimista sul risultato finale?
L’emergenza resta. Quando il Grande Progetto Pompei sarà realizzato, tutte le gare bandite, i lavori previsti completati, niente potrà dirsi “finito”: saremo finalmente arrivati al punto di partenza. Credo che Pompei ce la possa fare, ma oggi siamo ancora impegnati in una “traversata del deserto” piena di rischi e di incognite.
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