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Guillaume Cerutti, amministratore delegato di Christie’s. © 2020 Christie's Images Ltd

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Guillaume Cerutti, amministratore delegato di Christie’s. © 2020 Christie's Images Ltd

Un futuro glocal, digitale, sostenibile e su misura

La crisi da Covid-19 segna la fine di un’era per il mercato, secondo Guillaume Cerutti

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Georgina Adam

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A causa della pandemia da Coronavirus, sono trascorsi molti mesi da quando un’opera d’arte a otto cifre è stata offerta in vendita in un’asta dal vivo... o qualsiasi altra asta. Tra la fine di giugno e la prima metà di luglio si sono tenute da Sotheby's e Christie's le vendite più importanti della stagione londinese. L'asta «Da Rembrandt a Richter», tenuta da Sotheby's a Londra il 28 luglio, ha incassato 149.730.290 sterline, mentre One: A Global Sale of the 20th Century, tenuta da Christie's «worldwide» il 10 luglio, ha fatturato 420.941.042 dollari, vale a dire 334.877.520 sterline. Dopo oltre due mesi di quasi totale stasi, questi eventi di punta hanno costituito per le società di vendita un tentativo di tornare al mondo degli affari.

Ma secondo diversi addetti ai lavori, non torneremo mai più al mercato dell’arte che ci siamo lasciati alle spalle lo scorso marzo, quando l’entità e la gravità della pandemia sono diventate chiare a tutto l’Occidente e la maggior parte del mondo si è fermato. «La crisi ha fatto capire alle persone che dovranno cambiare il modo in cui lavorano e si comportano, ha detto Guillaume Cerutti, amministratore delegato di Christie’s. È la fine di un’era». Cerutti identifica cinque modi in cui si verificherà un cambiamento duraturo, e altri protagonisti del mercato dell’arte concordano ampiamente.

1. Il primo, inevitabilmente, riflette l’inesorabile passaggio al digitale, con molte più vendite che si svolgono online. Mentre i collezionisti asiatici e quelli più giovani erano già a proprio agio con l’esperienza di vendita digitale, «ora stiamo vedendo offerte online anche da molti più clienti generalmente interessati a categorie più tradizionali: dipinti e disegni antichi, reperti archeologici e arti decorative», aggiunge l'ad, secondo il quale, anche quando la pandemia finirà, le vendite in quei settori manterranno comunque l’opzione online. Inoltre Cerutti prevede che il prezzo medio di opere vendute online, raddoppierà o triplicherà rapidamente.

2. In secondo luogo, il contenimento dei viaggi focalizzerà una maggior attenzione sul locale, almeno per i prossimi anni. Questo è ciò che l’economista dell’arte Clare McAndrew chiama «rivisitare il glocal»: «Potrebbe essere il momento di rivalutare la dipendenza del mercato dalle vendite globali e aumentare l’attenzione sul domestico». Per Cerutti questo significa riscoprire il valore delle relazioni dirette, dal momento che i clienti, agendo da casa, sono molto più accessibili. Una diretta conseguenza sembra essere il rafforzamento delle vendite private: «Le richieste di queste vendite si sono riversate nella nostra galleria online», afferma Cheyenne Westphal, la presidente globale di Phillips. Per evitare la folla, ci sarà probabilmente anche un aumento della prenotazione dei clienti per visitare le case d’asta su appuntamento.

3. In terzo luogo, di fronte a una crisi senza precedenti, sono nate partnership inaspettate nell’interesse del «riavvio collettivo del mercato». Con una mossa da bracconiere trasformato in guardacaccia, Sotheby’s ha realizzato un sito, Gallery Network, che consente alle gallerie di mettere in vendita opere d’arte direttamente sul sito della casa d’aste. Allo stesso modo, il mega gallerista David Zwirner sta abilitando gallerie più piccole a usare la sua piattaforma. A Parigi, Perrotin ha offerto spazio per mostre di galleristi parigini.

4. In quarto luogo, dice Cerutti, ci sarà un «ritorno alle origini», con particolare attenzione alle vendite di successo, qualunque sia il valore, per rafforzare la fiducia del mercato, in particolare tra i venditori. Nonostante il Bacon da 60 milioni di dollari, alcuni operatori non vedono un ritorno alla fascia alta del mercato in tempi brevi. «I proprietari ci penseranno due volte prima di consegnare un’opera oltre i 50 milioni di dollari», afferma il veterano Simon de Pury. Tuttavia Cerutti ritiene che i prezzi non siano una priorità: «Abbiamo bisogno delle vendite intermedie per fare bene, anche a un livello più modesto, per dimostrare che il mercato è resiliente».

5. Infine, ci sarà una maggiore sostenibilità e attenzione ambientale. Cerutti afferma: «La corsa al gigantismo del passato cambierà». Christie’s ha già tagliato il numero di cataloghi stampati, come ha fatto anche Sotheby’s. I viaggi saranno ridotti ovunque. Come dice uno dei principali direttori della casa d’aste: «I bei vecchi tempi in cui si inviava un esercito di specialisti per dare un tono a un cliente sono finiti».

Guillaume Cerutti, amministratore delegato di Christie’s. © 2020 Christie's Images Ltd

La maggiore vendita all'asta «tradizionale» di tutti i tempi: quella del «Salvator Mundi», il dipinto attribuito a Leonardo da Vinci, tenuta da Christie's a New York il 15 novembre 2017

Georgina Adam, 17 luglio 2020 | © Riproduzione riservata

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